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AL CONTE DI SAN SECONDO

Lodi. Ricorda Giovanni dalle Bande nere, accenna all’avvento di Cosimo de’ Medici al ducato di Firenze, e consiglia il San Secondo di recarsi presso il nuovo duca. Perdonate, signore, a la trascuratezza del mio non vi aver piú scritto; perché ha potuto il girar degli anni invecchiarmi la carne, ma la volontá, che ognora ebbi di compiacere con la mia piccola vertu al vostro valore, è cosi giovane come ella era quando viveva quella eterna memoria. E nel ricordarmi che io faccio tuttavia di lui, ho sempre presente voi; e ho udito parlare il signor Giovanni e bollo veduto combattere, ne lo ascoltare il ragionamento, che ha fatto la fama, di quel che faceste sotto Fiorenza e altrove. Onde io non posso se non amarvi, predicarvi e celebrarvi ne la maniera che ho amato, predicato e celebrato il gran zio vostro, gloria de l’armi italiane. O Iddio, che puoi far col cenno quello che non si puote, perché non concedegli la tua bontá solamente il sapere in che felicitá è posto il figliuol suo? Rallegratevi adunque, poiché il fatai cugin vostro, mercé di Dio, de la fede, degli amici e de la coraggiosa prudenza d’Alessandro Vitelli, cognato a voi, senza alcun dubbio si stabilirá tosto ne la meritata monarchia. E il maggior grado e il piú degno, che possiate aver oggi, è l’andarvene appresso Sua Eccellenza ne la guerra, che par che se gli apparecchi, senza grado, a far con la vertú vostra che il mondo conosca che potete giovare a la casa de’ Medici di dentro come le giovaste di fora. E tanto piú le giovarete, quanto piú vi appartiene cotale impresa, benché ogni impresa, ne la quale avete militato, sempre vi appartenne, per esser voi persona che stimate piú l’onor che il sangue. E, perché io vi ho per tale, me vi do tutto in preda, e, in quella volta che vi degnerete comandarmi, conoscerò esservi caro. E a la grazia vostra raccomando l’aflezzion mia.

Di Venezia, il 15 di marzo 1537.