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per camion de l’altrui. E vi rammento che ricordiate a voi istesso il vostro essere tanto verace quanto ogni altro di cotesto abito,, bugiardo. E me vi raccomando con la debita riverenza.

Di Venezia, il 22 di genaio 1537. XC 1 A DON LOPE SORIA I-o prega di presentare all’imperatrice le Stanze per la Serena. Ecco, signore, i frutti i quali con la mano del suo celeste amore ha còlti il zelo del cor mio ne l’orto de l’ingegno. Si che odoratigli e gustategli; e, s’egli aviene che vi aggradino ne l’odore e nel sapore, la piú che umana vostra bontá gli diventi vaso, accioché la lor vaghezza naturale con pompa onorata gli apresenti ne la mensa de la sacratissima imperatrice, la magnanima gentilezza de la quale spargerá forse del seme de la sua cortesia nel terreno di quello intelletto, che a coltivarmi ha cominciato la soprana liberalitá di Cesare. Onde io potrò non solo a l’una e a l’altra Maestade porgere d’ogni stagione dei pomi, di cui il mio spirito, quasi arbore de la memoria, sará carco sempre; ma avrò il modo di farne parte a chi difende la vertu, che Dio mi diede, dagli oltraggi de la necessitá. E cosi Vostra Signoria, a cui tanto debbo insieme con don Luigi Davila, obietto de la gentilezza (al generoso error del quale se piu indugia a cedere la clemenza augusta, ingiuriará se stessa), si rallegrará de la gratitudine Aretina. Intanto voi, che siete vero subietto ed ésca del divino amore, infiammatevi del fuoco santo che esce degli occhi a l’angelo mio, e in tal modo goderete qua giú del diletto, che munisce lassú la famiglia del sempiterno Imperadore degli dèi c degli uomini.

Di Venezia, il 23 di genaio 1537.