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26 | Scritti vari |
pubblica espiazione per un peccato diverso e non affine ai tre accennati. S. Agostino in molti luoghi de’ suoi scritti e specialmente al capo 26 del libro Della fede e delle opere, distingue i peccati veniali, che possono essere rimessi anche senza confessione, dai mortali. E dice, che di questi non si ottiene il perdono senza la confessione. Fra i mortali poi nota, che i più gravi importano una penitenza pubblica. Citerò ancora un passo del celeberrimo Origene, morto nel 253 (e ne potrei citare moltissimi, di diversi), dal quale apparirà, che la confessione segreta, siccome indispensabile per ottenere presso Dio il perdono dei peccati gravi, fosse in uso anche quando vigevano le transitorie prescrizioni disciplinari della penitenza e della confessione pubblica. Dice Origene1: «I peccatori mentre si accusano e si confessano, insieme rigettano il delitto e distruggono ogni cagione del loro malore. Con tutta la diligenza esamina a chi debba confessare il tuo peccato. Scegli prima il medico... e poi segui il suo consiglio. Se esso capirà e prevederà, che il tuo male è tale che debba esporsi e curarsi in faccia a tutta la chiesa, perchè forse gli altri ne potranno prendere edificazione e tu medesimo facilmente guarirne, è questa una cosa da trattarsi con molta riflessione e coll’esperto consiglio di un tal medico.»
Ciò posto, rispondiamo al sig. E. P. che «la confessione dei nostri giorni» non corrisponde a quella pubblica, di carattere puramente disciplinare, mutabile e transitorio. Ma bensì a quella segreta, che si praticò dalla chiesa in tutti i tempi, anche nei primissimi; che non fu, che non potè mai essere abolita; che sempre si ritenne da tutti essere necessaria per ottenere il perdono dei peccati non leggeri; che quindi la chiesa errerebbe a non riferire ad un ordinamento apostolico e divino, che si fonda sul potere conferito da G. C. agli apostoli e per loro ai sacerdoti,
- ↑ Omel. 2 sul salmo 37 num. 6.