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tita nel disimpegno del difficile e gelosissimo ufficio affidatogli.

Con lui nell’assetto della Chiesa, tanto accortamente lungo i secoli stabilito, non si azzardarono iniziative inconsulte e turbatrici; chè anche le solenni sue encicliche, preconizzanti riforme religiose, morali, scientifiche, politiche, sociali, o non ebbero una portata veramente innovatrice, o, avendola in qualche modo, echeggiarono in fine ogni volta quali accademiche esercitazioni retoriche, senza un apprezzabile effetto. E se, del fare cauto, il merito ha da essere attribuito soprattutto alle tanto avvedute tradizionalità regolatrici della Curia romana, è da farne parte anche a lui, che non si può dire, che non vi si adattasse.

E così con lui la Chiesa, questo prodotto imponentissimo di tanti secoli di operosità maravigliosa, si mantenne ancora ben salda, malgrado il contrasto formidabile della modernità: pure essendo evidente, che è finita l’era delle nuove conquiste, ed è già da tempo incominciata quella della pura difesa, combattuta sì ancora poderosamente, ma perdendo terreno sempre; e di fuori, di fronte al prevalere della scienza e del potere civile; e di dentro, coll’infiltrarsi nello stesso clero, specialmente in qualche parte del mondo cattolico, insidiose tendenze ammodernatrici, e col rilassarsi in basso per ogni dove delle credenze e delle osservanze.

(Veneto, Padova, 21 luglio 1903).


3.


— Buono con tutti, inflessibilmente retto, ideale alto e nobilissimo, pensiero e parola olimpicamente splendida; ecco i tratti della grande figura di Giovanni Bovio.

(Rassegna mensile del pensiero moderno, Napoli, aprile 1905. Numero per l’anniversario della morte di Giovanni Bovio. Sotto il ritratto in principio dello stesso numero).