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Lettere 251

loro perniciose idee. Quella dichiarazione che è un atto a lungo maturato e risolutamente eseguito; quella dichiarazione che ha il suo unico motivo nel sentimento del dovere; quella dichiarazione alla quale non toglierò nè muterò nemmeno una sillaba anche se mi costasse la vita.

Ecco, o carissimi, il concreto che conferma il vostro concetto generico del quale ho tanto da lodarvi.

Il vostro

Prof. Roberto Ardigò


Un altro po’ di predica.

La fazione anarchica antisociale, colpita gravemente dalla mia Dichiarazione, ha preso il capogiro: mi vuol morto e mi assalisce colle solite armi infelici del suo arsenale.

«Taci, che sei un Canonico, mi dicono. Vergognati della tua nuova diserzione. Come gli uomini che non hanno mai avuto convinzioni ti contraddici ancora obbrobriosamente».

Così l’imbelle minaccia ha avuto la sua imbelle esecuzione. Così, se due anni insorse contro di me la stampa italiana di un colore, oggi insorge quella di un altro; ed io ho la compiacenza invidiabile di sorridere tranquillamente, sicuro nella mia coscienza, in mezzo ai furori dell’una e dell’altra.

Povera gente! Io era un canonico; ed in pari tempo un galantuomo. Oggi non sono più canonico, sono galantuomo ancora. In questo modo galantuomo due volte valgo più che troppi che non lo furono mai nemmeno una volta sola.

Nuova diserzione? Contraddizione obbrobriosa? Povera gente! Sono sempre il medesimo. Speculativamente volli sempre il vero ad ogni costo e l’abbracciai sempre subito risolutamente appena l’ebbi trovato. Moralmente fui sempre lo stesso, fanciullo, adulto, vecchio, a volere