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246 | Scritti vari |
5.
(Ancora I Martiri di Belfiore del Luzio, pag. 300, (e libro del Marchesini p. 25)).
L’Ardigò, deciso a svestire l’abito sacerdotale si accomiatò dal Martini con questa lettera...
7 aprile 1871.
Ill.mo e Car.mo Monsignore.
Non le scrivo per rispondere alla sua ultima lettera, chè mi ha proibito di farlo. Le scrivo unicamente per comunicarle una determinazione che sono stato nella dolorosissima necessità di prendere.
Per me, se da una parte metto tutto il mondo e dall’altra Lei solo, trovo che ha più peso, non il mondo tutto insieme, ma la di Lei persona. E di gran lunga. E se ho esitato a prendere la determinazione, di cui ho da dirle, dipese soprattutto dal pensare a Lei. Mi sono tornate alla mente tutte insieme le memorie oltremodo care dei mio passato con Lei: Quingentole, Ostiglia, il palazzo del Vescovo, il Seminario, casa sua, il Duomo: quante e quali memorie! Mi si è ridestato, come rinnovandosi vivissimamente tutto ad un tratto, l’affetto immenso che ho per Lei: per Lei, al quale invano cerco nel mondo persona che si somigli per la grandezza e la sublimità dell’animo, neanco di lontano.
Ma alla fine, ciò nulla ostante, essendo le ragioni tali che non mi permettono altrimenti, ho dovuto mio malgrado decidere. Ha dovuto decidere di svestire l’abito ecclesiastico. Di svestire l’abito, non di mutare la vita e i costumi, chè in ciò non ci potrà esser nulla mai che possa farmi cambiare da quello che sono sempre stato.
Ritenendo il vestito, anzichè far del bene, farei del male. Per alcuni forse sarebbe motivo di scandalo, per