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16 | Scritti vari |
nel 1439; finalmente fatta dogma di fede dal concilio di Trento.
Senza preamboli passiamo ai fatti gettando uno sguardo alle storie ecclesiastiche di Socrate, Sozomeno, Eusebio e Niceforo Calisto, le quali ci raccontano che dalla chiesa primitiva sorsero varie sette religiose che facevano proseliti per loro conto: allora i vescovi dell’impero d’oriente destinarono un prete per città sotto il titolo di penitenziere, il quale doveva ascoltare gli apostati che ritornavano in grembo della primitiva chiesa; e costoro non solo erano obbligati alla confessione ma pure alla penitenza, e sempre pubblicamente.
Domandiamo noi se questa è la confessione dei nostri giorni! e se ancora lo fosse, sarebbe forse una prova della divinità d’un tale dogma?
Ma udite! poco tempo dopo il vescovo di Costantinopoli per uno scandalo successo abolì la neo-nata confessione avendosi sollevato il popolo a tale istituzione, esempio seguito in tutte le città dell’impero d’Oriente. (Vedi storia ecclesiastica di Socrate).
Ma vedi che fatalità! mentre il vescovo di Costantinopoli aboliva la confessione, il vescovo di Roma, ossia il papa Leone I la introduceva nell’anno 459 ma sempre per le ragioni e con i modi sopraindicati. Ma ecco che nella Spagna circa nell’anno 550 il clero principiò abusivamente a introdurre la confessione all’orecchio del prete con l’abolizione dei peccati. Fu allora che i nostri padri della chiesa oggi dichiarati santi dagli infallibili papi protestarono contro tale infamia: e difatti udite, o lettori, cosa dice S. Grisostomo: Dio solo ti vegga quando ti confessi; Dio il quale non rimprovera ma rimette i peccati che a lui solo si confessano (Omelia 58). Io non ti dico che tu porti in pompa i tuoi peccati al pubblico; nè che vada ad accusarli ad altrui (intendete, preti?) ma confessali presso il tuo Dio se non colla lingua, almeno colla memoria (Omelia 31). S. Ilario dice: Non bisogna confessarsi a nessun altro che a Dio (Ila. p. s. L. I.).