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da Garibaldi, il Lombardo comandato da Nino Bixio. Si fermano prima a Talamone; poi, all’alba del 10, i due vapori lasciano le acque toscane; e Garibaldi, che sempre ritto sul ponte, regola il pilota, cambia la direzione dal sud-est; e, all’alba dall’undici, appariscono i lidi della Sicilia. Si volge la prora al porto di Marsala, dove poi Garibaldi, stando sul cassero, dirige lo sbarco.

Con rapida marcia, il giorno dopo, per sentieri difficili e ripidi, Garibaldi condusse gli sbarcati a Salemi. A Calatafimi incontra con questi suoi 1200, cinquemila borbonici. Li attacca e si avanza sul colle. Nel momento più critico grida ai dubbiosi: «Qui si fa l’Italia una, o si muore». Poi, «Avanti»: e si slancia egli pel primo nel mezzo del nemico, che è sbaragliato e messo in fuga. Da Calatafimi ad Alcamo a Partinico i garibaldini inseguirono, senza coglierli, i fuggiaschi. La sera del 17, i mille vedono Palermo, che si specchia nel mare assisa nella sua Conca d’oro, custodita dentro e d’intorno da 24 mila borbonici.

Colle sue mosse mirabilmente abili Garibaldi inganna e svia le colonne nemiche. Al convento di Gibilrossa, durante la notte, risolve di assalire Palermo, dicendo: «O domani a Palermo, o morti». Alle tre antimeridiane del 27 si arriva al ponte dell’Ammiraglio. Si impegna la battaglia; dal golfo vicino grandina la mitraglia; le artiglierie difendono la barricata davanti la porta. Gli assalitori sono obbligati due volte a retrocedere; e il loro fianco sinistro è esposto alle offese da Porta Nuova. Ma al terzo assalto la barricata è espugnata. Alle 6 Garibaldi è in Palermo. Ne vola la notizia per tutta Italia; ed altri volontari ed altri ancora accorrono da ogni parte in Sicilia. Medici ne conduce 4000, e Garibaldi lo manda a Milazzo.

Quivi Medici è attaccato fortemente da Bosco. Corre Garibaldi in suo ajuto e discende con 1000 uomini il 19 giugno a Patti. Raggiunge Medici a Limeri. Si combatte contro posizioni dominanti da un luogo basso in mezzo a canneti e siepi di fichi d’India. Uno squadrone