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182 | Scritti vari |
mando tedesco, mentre una schiera ben fatta di altri soldati usciva dall’arco, onde si viene dal castello. E dietro a loro dei prigionieri, tratti dalle sue carceri, affranti dalle sevizie e dalle torture soffertevi. E dietro altri soldati ancora. E così erano i prigionieri condotti a fermarsi davanti alla cancellata in faccia ai cannoni, e quivi chiusi intorno dalla scorta che li guardava coi fucili carichi alle spalle. Rullavano i tamburi; poi, fatto silenzio, un uomo là dentro spiegava un foglio e vi leggeva una sentenza, che diceva ai prigionieri ascoltanti senza tremare: «Voi siete rei di avere amato la vostra patria, e perciò morrete del supplizio dei malfattori più vili». Rullavano allora di nuovo i tamburi, e si udiva un altro comando; e la scorta movendo a destra, traeva seco i condannati per le vie della città a Santa Teresa, perchè vi soffrissero ancora l’agonia della morte, che diede poi loro il capestro sulla spianata di Belfiore.
Chi l’avrebbe mai detto?
Sparita è la cancellata di aspetto sinistro. Via i cannoni, via le baionette straniere, via il drappo abborrito del giallo e del nero. Libero è il luogo, e sacro alla memoria gloriosa di quei martiri della indipendenza; lo domina questo monumento, che è ornato della loro cara effigie e porta sul suo vertice il genio della libertà della quale fu seme il sangue di essi. Un popolo di risorti vi formicola oggi intorno e s’accalca e inneggia alla sua nuova giovinezza promettitrice di un grande avvenire.
La fede nel bene ha dato ad un popolo la forza di rompere i ceppi della sua schiavitù: la fede nel bene gli darà quella di emulare il passato antico di se stesso e il presente degli altri.
Per la fede nel bene abbiamo rotto i ceppi della schiavitù. E questa nostra vittoria è l’esito finale di una meravigliosa Epopea, i fatti della quale si rannodano moralmente interno alla figura leggendaria del generale Gari-