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180 | Scritti vari |
salire uno scoglio sporgente sull’onde. E assidersi sovr’esso, fisso l’occhio scintillante sul l’ampio cielo, intanto che il vento sibila intorno e i marosi sì infrangono spumeggianti a’ suoi piedi. E mi domando. Che fa quell’uomo immobile le lunghe ore in quell’ultimo sito? E rispondo: È un uomo che pensa. Nel tramestio delle grandi città si agita la gente, corre, mai non si ferma: ma più lavora di mani e di piedi e più la mente è lenta e si muove appena nell’ozioso e monotono ritorno delle frivolezze più inconcludenti. Quell’uomo sta come il masso su cui è posato, ma il suo pensiero si travolge grandeggiaste in un turbine incessante di idee sublimi, in una tempesta faticosa di affetti magnanimi. Pensa al passato d’Italia, pensa a noi; pensa al nostro avvenire.
Lo vedo io, lo vedete voi, lo vediamo tutti, come se vivesse ancora. E da lui aspettiamo i cenni. Li aspettiamo perchè siamo tutti garibaldini. Molto ancora è da fare per compiere le giustizie profetizzate da quel genio unico del bene. Ci guardi con quegli occhi, che ci elettrizzano e possono far di noi tanti piccoli eroi; alzi la destra a darci il segnale; e sorgeremo come un sol uomo.
Sorgeremo gridando: Viva Garibaldi: e nessuno potrà arrestare l’impeto di un popolo tocco dalla magia di questo nome.