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Polemiche | 149 |
questo atto è solenne ed ha tutta la nobiltà mistica di un prodotto della fede.
Certo molti hanno detto che la confessione auricolare fu in mano dei preti stromento di potere e di maleficio; altri si ribella all’idea di un intermediario fra il sentimento della coscienza e la misericordia di Dio: e queste osservazioni hanno anch’esse il loro valore.
Ma quanto preme a noi di stabilire è questo, che se vi è una parte della religione, che se vi è un dogma che per essere accettato, abbia bisogno di poggiare sopra una persuasione convinta, sopra un’anima fervente, sopra una intelligenza genuflessa ai consigli della fede e chiusa alle pericolose tentazioni del libero esame e della discussione, questa parte della religione, questo dogma è la confessione auricolare.
Or bene, nel luglio del 1867, questa persuasione convinta, quest’anima fervente, questa intelligenza genuflessa ai consigli della fede e chiusa alle pericolose tentazioni del libero esame e della discussione, era quella del professore Ardigò, allora prete, oggi insegnante laico, e per giunta ateo e positivista.
Nel Giugno del 1867 un certo signor Pettoello Eugenio, il quale non era molto forte nè in grammatica, nè — a quanto pare — in istoria ecclesiastica, pubblicava nella Favilla di Mantova un articolo critico, sulla confessione, nel quale negava che essa fosse un sacramento, d’istituzione divina.
Molti dei cattolici che vanno a confessarsi almeno una volta all’anno per Pasqua, non si sarebbero curati più che tanto di quello sfogo abbastanza ingenuamente empio!
Ma Vi era un difensore battagliero della fede e della religione, un sacerdote pronto al martirio della polemica e a tutte le spine di una lotta combattuta con profani su materie sacre, e questo difensore era l’Ardigò, oggi evoluzionista, positivista, e chiamante Dio una sublime idealità che è una chimera.
Il battagliero sacerdote oppone a quattro pagine, in