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122 | Scritti vari |
d’un suono, la riferisce all’oggetto sonoro; nel caso di un dolore, alla parte lesa. Ma trattandosi della sensazione del volere, con cui non si può associare, nè l’idea di un oggetto esteriore, nè quella d’un organo corporeo conosciuto ed apparente...»
Ignorante — E se non sapete riferirla ad un organo corporeo conosciuto, come pretendete poi di riferirla ancora ad un organo corporeo sconosciuto senza darvi alcuna pena di provarlo?
Filosofo — Finiamola! (prosegue) «come dicemmo, non c’è che riferirla a qualche cosa che non conosciamo, ma che supponiamo esistere dentro di noi, e chiamiamo anima... per la doppia illusione indicata (pag. 251)».
Ignorante — Finitela piuttosto voi cogli equivoci. Quando un suono mi colpisce l’orecchio, io sono, come direbbesi in grammatica, passivo: ma quando mi alzo da sedere per camminare sono attivo: son io che mi determino, è l’anima che muove le gambe e tutto il corpo. E molto più poi quando studio, medito, ragiono, e faccio tante altre cose, che finora s’è dimostrato da filosofi non potersi fare dalla materia.
Filosofo — Dunque quando voglio qualche cosa, sento un suono p. e., in do, sento l’anima che fa do. «La conseguenza è un poco ridicola, ma poste le vostre premesse irrepugnabile (p. 252)».
Ignorante — Sciocchezza, pari a quella delle zucche portata un’altra volta per tutta risposta alle propostevi mie difficoltà. Altro è sentire un suono, altro è determinarsi a qualche azione, benchè è pure diversa cosa l’essere materialmente percosso da ciò che rende suono, ed altro è accorgersi di questa sensazione, cosa che manda a monte la vostra parità delle zucche.
Filosofo — E pure «i sentimenti, le passioni, lo stato dell’animo dipendono da un moto o da una disposizione organica, tanto che si possono produrre artificialmente per mezzi fisici».
Ignorante — In parte sì per quel misterioso commercio