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è contro gli scettici, che dubitano della esistenza del proprio pensiero; la seconda contro gli idealisti, che l’ammettono, ma dubitano della esistenza delle cose fuori della coscienza.

Monsignor Rota, a quanto apparisce dai dialoghi del Vessillo, non conosce questa distinzione elementarissima, di certezza interna ed esterna. E, pigliando a casaccio qualche proposizione staccata del mio libro, relativa alla certezza interna, la riferisce alla esterna, per farmi poi dire che nego l’esistenza della cupola di S. Andrea, e quindi far ridere la gente sullo sproposito rotondo e colossale.

Ma non insegno io e non sostengo e non dimostro io, nel mio libro, ad ogni pagina si può dire, la indestruttibilità scientifica della certezza della esistenza esteriore, e con argomenti tali che i miei avversari filosofi hanno trovato inattaccabili? Chè io fondo la certezza che l’idea del reale è essenzialmente correlativa alla cosa di fuori in ciò, che essa ci apparisce e deve apparirci come un effetto all’interno di una causa che ci rappresentiamo nel mondo esteriore. E sono tanto lontano dal ridurre le sostanze materiali esterne a semplici forme mentali, che anzi dichiaro espressamente che queste forme mentali stesse, nella loro condizione speciale di atti cogitativi di un soggetto pensante, sono entità di formazione secondaria e tardiva, supponenti anteriormente delle altre entità affatto impersonali ed extrasoggettive.

Nella stessa pagina, dalla quale sono prese le citazioni del Vessillo (p. 347), dico espressamente che ciò che si chiama rappresentazione non è primitivamente ed essenzialmente una appartenenza di un soggetto.

Il Rota che non ha capito niente di tutto questo (forse perchè non ha neanche letto il mio libro, e ha preso le frasi che cita da qualche articolo contro di me, della Civiltà cattolica e della Rivista universale) mi accusa di ridurre tutto l’essere al semplice atto soggettivo del pensiero. Al contrario il Mamiani, che la sa più lunga, ed