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la loggia di or' san michele 79

rende quasi impossibile intentar lite colla Compagnia, tante erano in favore di essa le disposizioni della legge1. Finalmente nel 1347 ottennero di poter far decidere le loro cause da un arbitro, e con ciò erano giunti al culmine del loro prospero stato e potere.

Siamo nel 1348, in cui la peste, un’altro flagello di Dio, come anche vien chiamata dai cronisti, «ebbe infetta tutta Italia, salvo che la città di Milano e alcuni altri tratti di paese in quei dintorni e tra gli uomini d’ogni condizione, di catuna età e sesso, (riferisce Matteo Villani) e morivano chi di sabito, chi in due o in tre dì e alquanti sostenevano più al morire. E morì a Firenze de’ cinque i tre e più. E avenne mirabile cosa: che venendo a morte gli uomini, per la fede che i cittadini di Firenze avevano all’ordine e all’esperienza che veduta era dalla chiara e buona e ordinata limosina, che s’era fatta lungo tempo e facea per li capitani de la compagnia di Madonna santa Maria d’Orto san Michele, senza alcuno umano procaccio; si trovò per testamenti fatti, che i cittadini di Firenze lasciarono a stribuire a’ poveri per li capitani più di trecento cinquanta migliaia di fiorini d’oro. Per questa cagione, restata la mortalità a Firenze, si trovò improvviso quella compagnia in sì grande tesoro. E i mendichi erano quasi tutti morti, e ogni femminella era piena e abbondevole delle cose, sicché non cercavano limosina. E non essendo poveri bisognosi, facevano le limosine grandi, ciascuno capitano ove più gli piaceva, poco a grado a Dio e alla sua Madre. E per le dette cagioni la fede di quella compagnia tra’ cittadini e contadini cominciò molto a mancare» 2.

Questa semplice relazione, che porta così manifestamente l’impronta della veracità, di un autore contemporaneo, ci pare che contenga quella gran lezione, che Goethe maestrevolmente espresse colle parole: Sehe Jeder wie er ’s treibe,

  1. Riportata da Passerini, Op. cit. p. 412 (vedi annot. N. 16).
  2. Cronica di Matteo Villani; libr. I, cap. 2 ec.