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delle pievi di bono e di condino nel trentino 39

segnarli all’autorità. Spettava inoltre agli ufficiali del Comune di denunziare al Vicario entro quattro giorni tutti i malefici rimasti impuniti; e lo stesso doveva fare chiunque fosse rimasto vittima di qualche violenza; nel medesimo termine erano tenuti i saltari di annunziare tutti quei danni che venivano fatti nel loro territorio, e finalmente un capitolo speciale condanna coloro che avessero lasciato pascolare i loro cavalli nei luoghi dove il pascolo era vietato; specie di compendio delle leggi comunali contro i danneggiatori dei terreni e gli ingiusti occupatoli dei beni comuni.

Molte altre cose si potrebbero aggiungere sulle condizioni e l’organizzazione politica e amministrativa delle due Pievi, ma converrebbe uscire dai limiti di tempo che le nostre carte stesse prefiggono. Giovò a noi invece, sulla scorta di queste, di esporre le prime basi sulle quali più tardi si svolsero e si svilupparono quelle istituzioni comunali, che ebbero poi vigore fino ai primi anni del secolo nostro, e di cui le ultime vestigia appariscono ancora nelle consuetudini delle nostre popolazioni di montagna. Giacché è naturale che dove la vita trascorre sempre fra gli stessi bisogni, che il clima e le condizioni topografiche ed economiche rendono fissi e immutabili, anche la civiltà e le vicende politiche e sociali a grande stento possano vincere la resistenza degli animi e delle cose, ed esercitare efficacemente l’influenza loro, talvolta a primo aspetto non benefica, sui costumi e sulle idee. Così la conoscenza degli antichi usi e delle antiche istituzioni non soltanto serve a spiegarci gran parte della storia delle Valli nostre nel medio evo e ne’ tempi moderni, ma giova altresì a darci la ragione di tanti aspetti e di tante espressioni del carattere, degli intendimenti e delle azioni di quella gente, presso la quale tanta parte è rimasta della vita delle primitive società.