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delle pievi di bono e di condino nel trentino 25

bilito che si facessero varie nuove vie, decretano una pena pro quolibet qui non iret ad omnes vias infrascriptas et tunc reddat operam, et dicta pignora (levati ai mancanti) expendantur per gaslaldiones dexene incontinenti cum sociis suis qui interessent. Il gastaldione, che non corrisponde certo al suo omonimo longobardo o franco (sebbene la continuità di questo nome ci ricordi quelle istituzioni, che pure ebbero tanta influenza e lasciarono tanta parte di loro nelle costumanze dei nostri Comuni rurali) il gastaldione, dico, pare non sia altro che quello che si chiamò in altri luoghi decano, e che non era se non l’amministratore di un dato numero di fondi, un ufficiale dipendente dal gastaldo dell’antica centena. A questo modo ci pare facile di accordare fra di loro le decene dei prati con quelle dei lavori comunali, le decanie feudali con prestazioni reali al Vescovo di Brescia con le decene con prestazioni personali alla Comunità1.

A garantire l’integrità dei possessi comunali di fronte all’ aumentare dei divisi, servivano le designationes bonorum, fatte di solito dai più anziani dello Comunità, e ordinate talvolta dai vicari vescovili, nelle quali si distinguevano le vie pubbliche dalle private, si ponevano dei confini dove era contestazione tra la vicinia e i singoli proprietari, si determinavano precisamente i beni comunali, si regolavano le acque che scorrevano nel Comune e si stabilivano in fine le pene per coloro che avessero contravvenuto alle disposizioni prese e specialmente che avessero fatta, come dicono i documenti, aliquam presam in comune2.


  1. Più tardi successe anche che i terreni comunali si dividessero fra i vicini in modo che la proprietà assoluta di essi passasse dal Comune ai privati. Citiamo, per esempio, una deliberazione della Comunità di Bondone, del 2 luglio 1456 (doc. ined. dell’Archivio com. di Bondone) per la quale si decise di dividere infra ipsos (gli uomini del Comune) certa prata buschiva tam in monte quam in plano, che quelle terre sint liberae et franchae e che i nuovi possessori debbano chiuderle.
  2. Fra i beni del Comune dobbiamo annoverare anche le chiese, delle quali, oltre alle due plebane di S. Giustina di Bono e di S. Maria di Condino, altre già esistevano nelle singole ville; ci ricordano le nostre carte quelle di S. Bartolomeo di Daone (1307), di S. Lorenzo di Condino (129(3), di S. Giorgio di Castello (1315), di S, Floriano di Storo (1189), di S. Maria