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il p. vincenzo marchese 377

dopo, si son giovati degli studi del p. Marchese e ne hanno riconosciuto la diligenza e l’acutezza. Specialmente intorno alle cause del martirio, il primo forse a portar luce e a mettersi sulla buona via per rintracciarle, è stato il p. Marchese; poiché nei vecchi racconti quell’improvvisa esplosione d’odio contro il Savonarola era in gran parte inesplicabile. Dall’amore alla libertà venne la prima origine della persecuzione e la morte; e chi pensi quello che egli predicò o scrisse non solo di Alessandro VI, ma del Conte Galeotto Pico della Mirandola e del Re di Francia e di Lodovico il Moro, non può maravigliarsi che fosse condannato a morte chi ad uomini così potenti aveva rinfacciato i vizi gli spergiuri i tradimenti con libera parola. Merito del Marchese è anche la difesa fatta con speciale competenza e basata sui fatti, contro l’accusa mossa al Savonarola d’essere stato, per fanatismo, nemico delle arti e d’aver distrutto nei «bruciamenti delle vanità» opere di gran valore. A forza di esagerare, s’era arrivati a tal punto, che uno scrittore, ancora vivente, asseriva che neppure i dipinti del beato Angelico, s’erano salvati dalla furia distruggitrice del Frate: eppure bastava andare in San Marco per trovarli tutti e ben conservati! Il Savonarola parla nei suoi scritti dell’arte con affetto grandissimo e con alti concetti; volle che in S. Marco i conversi attendessero alla pittura e alla scultura; nel monastero di S. Caterina, fondato da donna Camilla Rucellai, si introdussero per consiglio di lui le arti del dipingere e del modellare in plastica; per affetto a lui vestirono l’abito domenicano, e i più per le sue mani, un gran numero d’artisti, alcuni dei quali, come Fra Bartolomeo della Porta, di grandissimo valore; e, finalmente, fu il Savonarola che fece vendere ai suoi frati i terreni di Pian di Mugnone per acquistare i codici della Biblioteca Medicea. I fatti son fatti e la retorica è retorica! Ma al p. Marchese dobbiamo essere specialmente grati per l’«effetto morale» che produsse la sua apologia del Savonarola; perchè l’apologia del Savonarola era l’apologia della libertà, e perchè era aspettata da tempo una voce che rivendicasse al cattolicismo le dottrine del frate, che il Rudelbach, il Meier e tanti altri avevan voluto dimostrare precorritrici di quelle della Riforma protestante. Ninno meglio del p. Marchese, innamorato della libertà e cattolico sincero, poteva riuscire a rivendicare in tutto e per tutto il nome del