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delle pievi di bono e di condino nel trentino 9

quello di S. Giulia in Brescia, il quale aveva certamente dei diritti nella Pieve di Condino. Si cita una investitura di Desiderio, l’ultimo re longobardo, della quale ora non ci resta che la memoria; ma le nostre carte ci presentano una investitura fatta nel 1197 (doc. V) dalla abbadessa di quel Monastero al Comune di Condino del monte Sirol; e carte di epoca assai posteriore ci accertano delle proprietà che teneva il convento nella Valle Lorina, su quel di Storo1.

Quanto alla condizione delle persone, pare che, oltre ai Nobili che abbiamo citati di sopra, esistessero nelle Pievi anche delle Aamiglie, che benchè non potessero competere con quelli, avevano tuttavia possessi feudali. Il 21 giugno 1259 Ulrico di Beltramo di Cimego e suo figlio Martino cedettero per undici lire a Benvenuto, notaio di Condino, decimam de Condino et vassalilicum quod habuerant ab Episcopo Tridentino sive a domino Otolino de Tenno2; e pochi anni dopo, il 7 giugno 1262, lo stesso ser Benvenuto Calcagnino investì Giovanni di Oliviero


    ricorda a questo riguardo una intimazione (14 maggio 1304) fatta da Ottonello, giudice pei Capitani dei Conti del Tirolo, a Nicolò di Daniele di Daone perchè adducesse lo ragioni per cui tratteneva un affitto dovuto al Convento (Alberti, Annali, p. 211, e Miscellanea, T. VI, fol. 216). Ed altri beni aveva il Convento di S. Giacomo presso il Lago d’Idro, antico certamente, ma non forse quanto il doc. I, della cui autenticità v’è troppo luogo a dubitare, lascia credere.

  1. Il Ms. 1265 della Mazzettiana di Trento contiene un voluminoso processo dei primi anni del 1600, tra il Monastero di S. Giulia e la Comunità di Storo per il possesso di Val Lorina. 11 Monastero si basava sulla investitura di Desiderio; il giureconsulto bolognese G. B. Gavazzi, patrocinatore di Storo, metteva in dubbio l’autorità di quell’atto, essendo stato quel re oppressore del Papa. Una donna di Storo, testimone, asserisce che il torrente Palvico esce dalla Valle a’ danni della campagna di Storo come punizione divina pel peccato della occupazione indebita per parte della Comunità. La tensione fra le due parti era tale che gli Storesi tentarono di ammazzare le genti delle Monache. Si riferisce al Monastero di S. Giulia anche una tradizione condinese, ancora viva e riportata già dal Gnesotti (Memorie ecc. p. 250 e 251), secondo la quale le monache di un convento, che avrebbe dovuto sussistere presso Condino, spaventate da una alluvione del torrente Giulis, abbandonarono il luogo e si unirono alle loro compagne di S. Giulia a Brescia. E ci è rimasta anche notizia di una causa che il Comune di Condino dovette sostenere, nel 1525, collo stesso Monastero; non se ne conoscono però nè la ragione nè le conseguenze.
  2. Rep. Arch. Vesc. 62, 17.