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intorno a lodrisio crivelli | 269 |
tutibus hominum refertissimam et fortunae bonis copiosam non ultimo unquam loco habitam omnibus palam esse potest. Quare tanto libentius in pertractando rebus nostris homines ex ea familia habere consuevimus; inter quos cum egregij quondam Lodrisij Cribelli apud Illustr. quon. Parentem nostrum, cuius segretarium et oratorem agebat, meritorum cumulus extet, et nos postea aliquot annis egregium virum Aeneam Cribellum Secretarium equitatorem nostrum, ipsius quondam Lodrisij filium, experti fuerimus tum in Italia, tum etiam, extra Italiam, apud finitimos nobis Helvetios et Serenissimum Romanorum regem etc.». Ma quel nome stesso di Enea dato al figliuolo di Lodrisio doveva subito far pensare a Zeno che venisse dal celebre Piccolomini.
Il Zeno stesso ha osservato come nel proemio del De vita gestisque Sfortiae1 si lodino prima Leonardo Aretino, Flavio Biondo, Niccolò Camulio e Jacopo Braccello, quindi si aggiunga che nessuno di essi ha parlato di Francesco Sforza: «unus omnium Franciscus Philelphus, poeta clarus, huius tanti Principis et Patriae nostrae presentem felicitatem, citatis ab Helycone Musis, recenti carmine celebrare exorsus est». I primi otto libri della Sforziade del Filelfo, come dimostrerò altrove, furono divulgati prima dell’11 novembre del 1461: dunque l’opera crivelliana è di poco posteriore a quest’epoca2. Certo, data la fama dell’umanista tolentinate e la condizione di cui godeva alla corte di Milano, chiunque poteva scrivere di lui l’elogio che per cantare le imprese del suo signore avesse chiamate a sè le Muse dall’Elicona, ma non è più naturale credere che le scrivesse quel Lodrisio che era stato suo scolaro ed amico — come avrò a dire più innanzi — ed allora non gli era punto ancor diventato ostile?
A risultati ancora più soddisfacenti si giunge leggendo con qualche attenzione ciò che scrive Enea Silvio nella sua