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202 rassegna bibliografica

un pittoresco ritratto; poi andò esiliato a Marsilia, donde si restituì nella sua Calabria; ma non v’ebbe ancor pace; perchè, accusato di idee sovvertitrici, fu relegato per l’ultima volta in un convento a Tropea; quivi, infermo e acciaccato nel corpo, ma esaltato di mente, visse improvvisando, predicando e litigando coi frati, fino al novembre del 1805.

Tutt’altra natura d’uomo fu Vincenzio De Filippis, calabrese anch’egli (poiché nacque a Tiriolo nel 1749), e anch’egli discepolo del Genovesi che l’ebbe carissimo. Perfezionatosi nelle discipline scientifiche all’Università di Bologna dove aveva ottenuto per concorso un posto di studio, insegnò poi matematiche dal 1787 al ’93 nel Liceo di Catanzaro. Gettato in carcere tra i rei di Stato nel ’95, egli, dopo la istituzione del governo democratico, venne eletto all’importante ufficio di vigilare le entrate pubbliche, e quindi posto a capo del Ministero dell’interno. Difese pure colle armi in mano la cadente Repubblica; e da ultimo fu tra coloro che rifugiatisi nei Castelli, furono trattenuti prigionieri e messi sotto giudizio, non ostante la Capitolazione giurata. Morì sulla forca il 28 novembre 1799. Il nome che godè di valente scienziato non è raccomandato ad alcuna sua opera a stampa; lasciò bensì varî lavori inediti posseduti tuttavia dai suoi eredi.

Gregorio Aracri, che è il terzo calabrese di cui ragiona il D.r Capasso, non ebbe parte nelle faccende politiche se non accidentalmente, ma fu un dotto cappuccino nato a Stalletti, villaggio non lontano da Squillace, nel 1749. Amantissimo dello studio, e versato soprattutto nella teologia e nella filosofia, scrisse a ventun’anno un opuscolo erudito (fortunatamente rimasto inedito) per provare l’esistenza della magia. Ma un viaggio a Napoli fatto nel ’77 lo mise in relazione col Filangeri, col Pagano, col Baffi, col Grimaldi e con altri liberi ingegni che lo iniziarono a più moderna coltura. Nominato lettore di filosofia e di teologia nel seminario vescovile di Catanzaro, tenne quell’ufficio dal ’79 all’88 e pubblicò varie opere pedagogistiche d’etica e di matematica. I suoi Elementi di diritto naturale, stampati nel 1787, nei quali esponeva una dottrina morale e giuridica fondata sull’amor proprio, dettero occasione a lunghe controversie. Il libro fu messo all’Indice; ma egli persistè a propugnare con nuovi scritti le sue opinioni. Quando la rivoluzione penetrò nelle Calabrie, e fu piantato a Catanzaro l’albero della libertà, l’ab. Aracri (che già dal governo regio era stato secolarizzato al pari dei confratelli del suo ordine) invitato dal popolo pronunziò un’arringa, tra le generali acclamazioni. Ma presto, venuta la reazione, pagò il fio del momentaneo trionfo; e dovette per due anni interi andar peregrinando di nascondiglio in nascondiglio, soffrendo persino la fame, mentre la sua casa era