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106 l'etimologia e la storia arcaica

dire nelle regioni centrali dell’Italia1. Soggiungiamo, a complemento di questa parte positiva dell’indagine, che esso ci si mostra nei testi latini, soli a darcelo per l’età più antica, con una grande svariatezza di forme. Ho trovato per il nominativo Neapoleo, Neapuleo, Neapoleon, Napuleo, Nepuleon, Neapoleonus, Neapolionus, Napoleonus, Napuleonus, Napulionus, Nepolionus; e altrettanta moltiplicità s’incontra nei casi obliqui. Né l’incostanza si offre solo da testo a testo, da documento a documento; anche una stessa carta, per non dir di scritture più ampie, ci dà qui una cosa, là un’altra; e così, per esempio, avremo accanto a Nepuleon e Nepuleonem un Neapuleoni2, accanto a Napollonus, Nepoleonus e Neapoliono o Neapolionum3. S’intende che nel volgare parlato la varietà non poteva aversi che accoppiata con una differenza di luogo o di tempo; ne in esso avevan certo riscontro tutte quante le forme che il latino ci presenta4. Chiaro, dopo quanto

    le avrebbe lette «in certi annali de’ Pontefici» visti «in un Monistero essendo in Germania», sieno proprio passate attraverso a un suo scritto, mi è dubbio quanto mai; ma sia come si voglia, non è ad esse che il Litta vuol riferirsi. Bensi uno dei luoghi, se non il solo, cui egli intende di alludere, sta nella famosa «Hortatoria» (Variar., xlviii), ed è la sfuriata contro i principi romani: questi tracotanti, che hanno fatto scempio della dignità, delle fortune, della libertà dei cittadini, essendo essi gente straniera: «Hunc vallis Spoletana, illum Rhenus aut Rhodanus aut aliquis ignobilis terrarum angulus misit; ille vinctis post tergum manibus ductus in triumpho, repente de captivo foctus est civis» (III, 422 nell’ed. Fracassetti). Come si vede, il Petrarca parla in modo affatto ipotetico, senza nulla determinare, e riferendosi almeno in parte a un passato più che remoto. Siamo noi, dunque, che possiamo insegnargli, se mai, qualcosa di più preciso. E gli diremo che gli Orsini, che tra i principi che gli s’affacciano al pensiero son certo dei primissimi, vogliono realmente tenersi per gente venuta di fuori, e venuta in un tempo non lontano. Ne dà buon indizio l’acquisto di case fatto in Campo di Fiore nel 1200 dai tre fratelli Matteo, Giacomo e Napoleone (Litta, tav. i). Ma dove la famiglia dovesse avere le sue sedi, mostra il documento più antico - del 1191 - che la concerne, nel quale ci si presenta Giangaetano signore di numerosi feudi, situati pressoché tutti nelle vicinanze di Tivoli.

  1. Quand’anche fosse da ammettere il Napoleone de’ Conti d’Orbassano, anch’egli, stando agli antichi genealogisti della schiatta, verrebbe ad essere pur sempre una propaggine romana.
  2. Ficker, Op. cit., n. 252.
  3. Ib., n. 254.
  4. Appena e’ è bisogno di avvertire a questo proposito che sotto all’–onus non istà in generale un-ono. L’-onus è naturale soprattutto là dove, perduta nella pronunzia l’atona finale, ci s’era ridotti a –on; ma anche avendosi –one s’era tratti non di rado a scrivere –onus dalla tendenza da adottare l’uscita senza confronto più frequente per i nomi maschili. Non è