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82 | la loggia di or' san michele |
almeno i tanti bassorilievi, che ne formano la parte principale, compiuti nel 1359.
Ma se i Capitani della Compagnia sentivano a ragione la necessità di provvedere alla conservazione del quadro, non vi era minor ragione di provvedere alla conservazione del tabernacolo, che lo racchiudeva. Si può quindi credere che quando i Capitani ordinarono la nuova pittura della Madonna, già fosse nato in loro il pensiero di por fine alla calca e al tumulto del mercato, riducendo la loggia a unico uso di chiesa. Questo pensiero ebbe effetto però nel 1349, nel quale anno fecero fare l’altare di Sant’Anna1, monumento ad un tempo religioso e di significato patriottico, perchè nel giorno di questa Santa, il 26 Luglio del 1343 avvenne la cacciata dell’odiato duca d’Atene.
Oltre le due cappelle si vedevano tutt’ora, anzi si continuavano ad appendere i famosi voti di cera, dei quali poi, nel XV, quando Sant’Antonino scrisse la sua Storia, il luogo era ripieno in modo, che in quei tempi si soleva domandare, per indicare una moltitudine di cose: «Sarebbero elleno mai tante, quanti i Boti di San Michele?2» E per di più, sulle faccie dei pilastri interni si erano dipinte delle immagini di Santi. Intorno a queste esiste una poesia sommamente originale di Franco Sacchetti, che egli fece per la cosiddetta compagnia dei Bianchi verso la fine del secolo XIV e che ci serba una descrizione minuta degli argomenti di quelle pitture. Non posso a meno di darne un saggio. Il Sacchetti dunque comincia questo Capitolo sopra il Tabernacolo di San Michele così:
«Come pensoso in su un prato standomi
E nelle bianche procession specchiandomi
Corapuosi e scrissi in grosso stil poetico:
Fu picciol’ora questo mio dir metrico.