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fra venezia e ravenna 87

che siensi rifuggiti servi là ove sono cercati, occorre il giuramento di dodici testimoni. Le cause non debbono durare più di sei mesi.

Si restituiscano i cavalli e gli armenti fuggitivi, noi doppio, se rubati.

Si dia ai Veneziani il diritto di esigere il ripatico ed il quadragesimo (dazio del 2 1/2 per cento sulle merci nelle navi che approdavano al loro porto) secondo l’antica consuetudine.

Avvenuta un’offesa fra le parti, i messi non sieno ritenuti, sotto pena di rilasciarli pagando trecento soldi: e se (nol voglia Iddio) saranno uccisi, si paghino a’ loro parenti mille soldi. Commesso in qualsiasi modo un omicidio, il reo e tutti i complici sieno consegnati legati alla parte offesa o invece di ciascuno di essi trecento soldi d’oro; e ucciso un uomo libero, si paghino trecento soldi d’oro, cinquanta per un servo: per una ferita non mortale ad un uomo libero cinquanta, ad un servo solo trenta. Sia condannato a trecento soldi d’oro chiunque eccitando il popolo a romore ne’ pubblici mercati avrà commesso un omicidio. Il ducato di Venezia promette all’imperatore ed ai suoi successori di pagargli ogni anno nel mese di marzo cinquanta lire venete ed altrettante libbre di pepe ed un pallio in compenso di questo trattato che qui è esposto per sommi capi.

«E se un Duca, un Marchese, un Conte, un Visconte o alcuna grande o piccola persona violerà questa nostra pagina imperiale, lo che non crediamo, sappia che dovrà pagare mille libbre d’ottimo oro, metà al Fisco imperiale, metà al doge dei Veneziani. E perchè tanto si creda e da tutti si osservi, confermando questa pagina abbiamo comandato che sia insignita della impressione del nostro sigillo sotto la testimonianza de’ Principi, i nomi de’ quali si leggono scritti qui sotto».