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fra venezia e ravenna 83

nezia fuggi dove servì per qualche tempo come se giardiniere od ortolano fosse1. E la popolare novella lo dipinge ancora errante alla ventura per le tenebrose calli di Venezia nella prima notte della sua venuta ed addormentato per terra presso S. Apollinare o S. Salvatore o altra chiesa; narra poi come capitasse al monastero di S. Maria della Carità, dove a gran mercè ricevuto, per quasi sei mesi fosse abbassato a vilissimi uffici nella cucina, finchè, riconosciuto da un pellegrino ed avvisato il Doge, fu con grandissimo onore portato a S. Silvestro nel palazzo del Patriarca di Grado.

Allora, continua la favola, la Repubblica mandò ambasciatori di pace al Barbarossa in Pavia, il quale arrogantemente rispose «che gli consegnassero quel fuggitivo o egli, assaliti i Veneziani per terra e per mare, avrebbe piantate le sue aquile dinanzi alla basilica di San Marco». Ed il raccontatore più famoso di questa favolosa istoria, è Obone prete ravignano, il quale fu citato in testimonio da D. Fortunato Olmo, monaco Benedettino che nel 1629 credette di poter dimostrare che le tradizioni dicevano il vero2.

Obone rammenta la vittoria navale dei Veneziani a Salvore, ma la pone assai più tardi che ella non fu, dice fatto prigioniero Ottone figliuolo di Federigo, e che da’ fuggiaschi riparati a Ravenna udiva 1* imperatore la infausta novella. Poco dopo fa giungere in Ravenna lo stesso Ottone, mandato dai Veneziani a trattar della pace col padre il quale sarebbe poscia venuto a Venezia ad abboccarsi col Papa.

Ma il vero è che papa Alessandro, accolto in Venezia con quell’onore che abbiamo detto, incominciò subito a trattare per lettere e per messi con l’imperatore che

  1. Così si legge nella Cronaca di Savoia di Guglielmo Paradin; Lione, 1552, pag. 143.
  2. Ved. anche Zon. e Cicogna, Iscris. Venet., Tom. IV; e Daru, Lib. III.