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tilde, alla quale erasi già da molto tempo ribellata. Infatti dice il Dandolo che nell’ultimo anno del Doge Vitale Micheli comitissa Mathildis cum navigio Venetorum et Ravennatum Ferrariam obsidet et denique superat1. Chè alla vista di tante navi sembra che i Ferraresi caduti di animo senza indugio si arrendessero, e della loro resa assai più che i Ravennati profittarono i Veneziani che d’allora in poi ebbero speciali diritti in Ferrara, come quello di tenervi un Visdomino a tutela dei loro commerci.

Devizone nella sua vita della contessa Matilde ricorda con questi versi la facile impresa di Ferrara:

Cantra quam gentes numero sine duxit et enses
Tuscos, Romanos, Longobardos galeatos
Et Ravennates quorum sunt maxime Naves.
Circumstant equidem multae maris atque carinae
A Duce praeclaro transmistae Venetiano.

[Alleanze dei Ravennati coi Padovani contro Venezia.] II. Ma accortisi che queste leghe altro non erano che società leonine, i Ravennati non vollero più lungamente rimanere nell’alleanza dei Veneziani che si facevano più rapaci mano mano che divenivan più forti, e si collegarono ai Padovani che andavan cercando come domarli. Vedemmo già quanto l’accrescimento di Venezia adombrasse Padova sino da’ suoi principi, e come quando Narsete traghettava la sua gente per le lagune muovendo contro ai Goti, i Padovani gli chiedessero di fare loro ragione contro ai Veneti, che di poveri pescatori s’erano fatti signori di tutte le isole vicine, e come Narsete li persuadesse a stare in pace ed a rivolgersi all’imperatore Greco. Ora poi correndo l’anno 1110 ed essendo la maggior parte delle forze de’ Veneziani distratte dalla guerra di Siria, i Padovani gridano la Repubblica usurpatrice delle isole, del porto di Rialto, delle foci de’ fiumi vicini, ed insieme ne invadono il

  1. Lib. II, c. 13.