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dei genovesi 61

certo autore, per le quali si argomentava che la cosa fusse successa bene; ma rimaneva la città tanto sospesa, che ciascheduno stava con l’orecchio aperte per intendere la certezza; e la Corte1 non attendeva ad espedizione alcuna, nè si amministrava ragione, e le botteghe degli artigiani non operavano cosa alcuna. Ma quando fu avuta la certezza che il Re (Alfonso V) si menava presso a Genova con tutta l’armata, allora ciascuno indifferentemente saltò in piazza, i vecchi, i giovani, le matrone, i fanciulli e i servi, e riempirono ogni cosa di gran gridare tanto licenziosamente, che il volgo entrò nel Palazzo pubblico per intendere dal Governatore e dal Senato la certezza di questa nuova; e poichè fu sonata la campana grossa e le campane delle altre chiese, fu tanta l’allegrezza, e furono tanti i gridi della moltitudine, che a pena si udiva il suono delle campane. Si fecero tre giorni continui le processioni per la città, e si resero le solite grazie a Dio; e fu statuito che ogni anno la Signoria dovesse viistare il giorno di san Domenico la sua chiesa con una offerta del pubblico»2.

Ma chi semina in terra altrui non coglie i frutti; e ciò provarono i Genovesi, ai quali dopo avere prodigata la vita ed i tesori, non fu punto cenceduto l’onore del trionfo. Conciossiachè il duca Filippo Maria Visconti, al cui dominio erano allora soggetti, mandò segreta commissione all’Assereto che conducesse il re Alfonso e gli altri principi direttamente a Savona, donde passarono poscia a Milano. Del quale oltraggio però il popolo fu sì commosso, e così sdegnato mostrossi contro di Biagio, che a questi convenne esulare per sempre dalla patria3.

Tra’ memorabili fatti che durante il pontificato di Giulio II sollevarono alcun poco l’Italia dall’oppressione e

  1. Il Governo.
  2. Giustiniani, Annali, II, 342.
  3. Il Duca Filippo invece l’onorò grandemente, gli conferi in feudo la terra di Serravalle - Scrivia e nominollo eziandio Governatore di Milano.