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della poesia di virgilio | 521 |
nelle parti: e anco nel prendere dall’antico edifizio qualche avanzo elegante o qualche concetto di forma, egli sa appropriarselo meglio che con opera di muratore o di scarpellino, lo sa, a dir cosi, digerire. Troppo più indigeste, e con men arte commesse, le materie e le forme che dalla mitologia e dalla storia, dalla Bibbia e da’ precedenti poeti Dante piglia, in apparenza più nuovo di Virgilio, ma meno originale in verità; perchè nel non la ostentare consiste la miglior parte della originalità, come della virtù e della forza, della grazia e del pudore. Una somiglianza amerei che si scoprisse nella educazione poetica di questi due ingegni, intima somiglianza e che li onorerebbe entrambi altamente. A me pare che il vaticinio della Sibilla meditato nell’egloga quarta sia stato l’avviamento morale ancor più che poetico a comporre il sesto dell’Eneide e a farsi degno di tanto; e i versi ben meglio che omerici ne’ quali è dipinto il malessere della donna nel farsi paziente della ispirazione divina1, mi par che ritraggano quel che il poeta dovette, per domare e foggiare sè stesso alla propria ispirazione, più o meno consciamente patire. Per quel ch’è di Dante, nella sua Vita Nuova si rivela egli stesso; e subito dopo la morte di Beatrice e’ concepisce il poema sacro, e, lei pur vivente, gli volano simili visioni per l’anima, risplendenti di lieta luce e tremenda. Siccome nello spirito di Virgilio, per opera de’ tempi e per proprio interiore lavoro, si venne facendo una trasformazione degli antichi simboli e delle tradizioni; così d’alcuni concetti di Virgilio e di più o men vecchie tradizioni si fece nella mente di Dante, per suo merito, e per la forza de’ tempi, e in virtù della verità cristiana.
Rammenterò per modo d’esempio quel che dice Virgilio delle anime trasmigranti in nuove vite corporee dopo secoli d’espiazione. Immemores supera ut convexa revisant, Rursus et incipìant in corpora velie reverti. Dante, in versi men belli ma con intendimento più alto, dice come l’anima separata, insinchè non si sente monda dalle colpe nella vita terrena commesse, desidera, sì, la beatitudine, ma pur si rassegna volentieri alla pena, e della perfetta sua purificazione le è prova il voler
- ↑ E. 6.