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della poesia di virgilio 515

cacia non pareggiabile del verbo latino dipinge il sentimento che gli penetra e occupa tutto il cuore, e quasi lo passa da parte a parte, e egli con la ragione misura quel sentimento, com’uomo che, esperto de’ gravi cimenti, conosce interamente il pericolo, e ciò non ostante lo affronta. Ecco perchè, dipartendosi dalla misera amante e tuttavia riamata, l’eroe (vir ha qui pieno il suo proprio significato) si fa quasi un debito di portare seco nel nuovo esilio da una patria del cuore qualche memoria d’affetto e di gratitudine; ecco illustrata dalla pietà verso il giovane morto la pietà ch’e’dimostra a Bidone moritura allorquando le dice: nè a me sarà grave ricordarmi d’Elisa per sin ch’io abbia memoria di me. E forse, pensando al rogo ove tra poco sarà consumata la bella spoglia di Pallante1, forse vedendo da’ legni suoi arsi in Sicilia volare le faville tra il fumo2, fors’anco allorchè le fiamme vincitrici s’apprendevano ai tetti della città di Latino3, gli sarà ritornata innanzi l’immagine non solamente delle ceneri d’Ilio e della estrema fiamma de’ suoi4, ma l’infausto spettacolo che, veleggiando, dall’alto della poppa gli avranno offerto le mura di Cartagine fescamente illuminate dalle fiamme d’Elisa infelice: duri magno sed amore dolores Polluto.... Triste per augurium Teucrorum pectora ducunt5.


IX.


Quelle che impreziosivano e i doni dell’amicizia e della ospitalità, e gli arnesi e gli arredi usati a necessità e abbellimento della domestica vita, erano le memorie de’ buoni antenati. Ne’ doni offerti alla regina abbiam visti rappresentarsi Fortia facta patrum, series longissima rerum, Per

  1. E. 4. Quanto a dicitura, più languido, ma pur bello, e a me tra’ più belli del Tasso: Tra le care memorie ed onorate Mi sarai nelle gioie e negli affanni.
  2. E. 5
  3. E. 12.
  4. E. 2.
  5. E. 5.