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della poesia di virgilio 511

«e Teucri e Latini. Ciò detto, e invocati con prece gli Dei, a gara i Rutuli si esortano alle armi: altri è mosso dalla bella persona e dalla giovanezza prestante, altri dal regio sangue degli avi, altri dai chiari fatti che il suo braccio operò»1. Re Latino a rompere il patto di nozze stretto con Turno è condotto dalle antiche tradizioni che vaticinavano alla sua figliuola straniero marito, condotto non da ambizione o da terrore, ma da un timore di religiosa pietà. E nel senso quasi che noi ora diciamo timore di Dio, altro dalla nota sentenza Primus in orbe Deos fecit timor, è da intendere, a proposito degli augurii che facevano pensoso il padre, laurus erat... Sacra co mani, multosque metu servata per annos. Da ultimo, attonito e oppresso dalla rovina de’ suoi, incolpa il re sè medesimo2; e allora forse gii ritornano all’anima le parole della moglie appassionata in favore di Turno, che sin dal primo diceva: «a un esule si dà Lavinia dunque sposa? e tu, padre, non hai pietà nè e della figliuola nè di te nè della madre misera, che, al primo vento che favorevole spiri, il perfido rapitore lascierà abbandonata navigando nell’alto3?» Ma piene di disperato affetto le parole che Amata, già presso a morte, dice al non più suo genero pronto al morire: ardentem generum moritura tenebat. «Turno, per queste lagrime, per (se ti è punto a cuore) l’onore d’Amata, tu speranza unica, tu riposo della vecchiezza mia misera; il decoro di Latino e il suo regno sta in te; a te la nostra famiglia ruinante s’appoggia: di quest’una cosa ti prego, resta dal venire alle mani: la sorte che te aspetta in cotesto cimento, aspetta, o Turno, anche me4».


VIII.


Il ratto d’Elena rammentato da Amata a Latino, collegando l’Eneide all’Iliade, conduce a ripensare con che diffe-

  1. E. 7.
  2. E. 11 e 13.
  3. E. 7.
  4. E. 12.