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della poesia di virgilio 507

del padre, del non aver potuto adempire le promesse a lui fatte; e rammenta con quasi rimorso l’addio del vecchio, che trepidante lo ammoniva de’ pericoli da affrontarsi guerreggiando con uomini forti. «Infelice, vedrai la fine crudele del tuo figliuolo: questi i nostri ritorni e gli aspettati trionfi, la mia fede questa! Ma almeno, o Evandro, nonio vedrai colpito da ferite ignominiose; nè a lui, scampato, imprecherai tu, padre, la morte. Ahi quanto grande sostegno l’Italia perde! et quantum tu perdis, Iule!» Quest’accenno civile all’Italia è pieno di dignità, quest’accenno domestico al figliuolo proprio è pieno d’amore; e, serbato qui all’ultimo, fa sentire vieppiù sincera la riverenza e la gratitudine al collegato, più intima la condoglianza all’amico.


VII.


Questo verso del libro undecimo acquista maggior luce e bellezza se si raccosti al luogo del libro primo, laddove Enea, confortato dalle accoglienze ospitali, invia dalla reggia alle navi Acate l’amico fedele, che gii conduca il figliuolo di fretta: neque enim palrius consistere mentem Passus amor, rapidum ad naves praemittit Achatem.... Omnis in Ascanio cari stat cura parentis. Ma, invece d’Ascanio figliuol di Creusa, Venere manda alla regina il figliuol suo Cupidine, acciocchè, «quand’ella lo accoglie lietissima in grembo tra le mense regali e le tazze, quando l’abbraccia e gli dà dolci baci, Cupidine le ispiri occulto fallace ardente veleno». Ho già notato che in Virgilio gli Dei proteggono gli uomini con arti di malizia bugiarda più che in Omero: ma, conceduto cotesto, e riguardato l’incarnarsi della passione come una personificazione allegorica simile a quelle della Fama1 e d’Aletto2, della Discordia3 e dell’Invidia e del Sonno4, questa d’Amore nasconde sotto il suo

  1. E. 4.
  2. E. 7.
  3. E. 8.
  4. Ov., Met.