Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
504 | concetto storico, civile e morale |
Innanzi ili visitare l’Eliso, Enea seppellisce con solennità di riti religiosi l’amico1; dalla quiete dell’Eliso ritornando ai tumulti della vita, egli innalza un monumento alla nutrice sua morta2. La regina infelice, nel preparare a sè stessa la morte, inganna la pietà della vecchia che fu nutrice al marito3, di cui sì caro le costa avere scordato per poco l’amore, di cui diceva: prima vorrei che mi si apra la terra e che il Padre onnipossente con la sua folgore mi sospinga tra le ombre, che io sciolga le tue leggi, o Pudore. Quegli che primo a sè mi congiunse, ne portò l’amor mio; l’abbia egli, e lo serbi con se nel sepolcro. A Camilla, che non ha madre, il padre profugo nelle solitudini si fa nutrice, la campa non sola una volta da morte, e consacra a Diana in voto la sua forte e avvenente verginità4. Lo scudiero d’Anchise è dato ajo a Julo il nipote5; Acete, il vecchio ajo di Pallante, e già scudiero d’Evandro, accompagna, abbattuto di dolore quasi più che paterno, le esequie del prode misero giovanetto6.
VI.
Anco gli affetti fraterni nell’Eneide, più che nell’Iliade, si sentono. L’affetto d’Anna, l’unanime sorella, fomenta nella regina la passione ch’essa tentava reprimere in sè7. Di questo dimentica nell’ebbrezza del suo dolore, la sventurata, pregando Anna che vada da ultimo a chiedere per lei pietà, se ne mostra, per più proprio strazio, gelosa: «a te sola quel perfido avere riguardo, a te perfino affidare tutti i suoi segreti; sola sapevi il come e il quando parlare al cuore di lui». Ma da ultimo (come suole chi ha cosa da rimproverare a se stesso, anche buono che sia), versa sulla