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500 | concetto storico, civile e morale |
sente Cartagine e dal fratello tradita, che l’odio al fondatore di Roma futura[1]. La pietà del figliuolo riconduce Venere innanzi a Vulcano a colloquio coniugale, con verecondia accennato; e Vulcano si desta al lavoro, della fucina nell’ora che la madre di famiglia desta la fiamma sopita, e che, prevenendo coll’opera il dì, esercita le sue fanti, per conservare casto il letto maritale e allevare i suoi figliuoletti[2].
Le cure che Cirene d’Aristeo[3], corrispondono a quelle che Venere prende d’Enea[4]: e al sì poetico apparire di questa in sul primo a consolargli la ansietà dell’esilio, corrisponde l’apparizione accennata di Creusa, beata più che donna, al marito[5], apparizione tanto più bella che l’addio d’Euridice a Orfeo, fra le tenebre della seconda morte[6]. Quindi la tutela che di Camilla assume una divinità, succedendo all’uffizio dell’esule padre[7]; e così com’ella volo bambina sulle acque del fiume, il trasportarne per aria la vergine spoglia al patrio sepolcro; quindi la tenerezza accorata di Giuturna che piange, come già morto, l’ancor combattente generoso fratello[8]. Quindi creata da Cibele delle piante a lei sacre una famiglia di ninfe sorelle[9]; fatto palpitare d’affetti il duro legno, dategli memorie di devozione e linguaggio, tramutata dai monte ai mare la vita, la distruzione causa al rinnovellamento, le creazioni della natura intorniate dall’arte, diventare opera trascendente i limiti della natura.
V.
Se questo è de’ tronchi degli alberi, consideriamo come dovesse il poeta vedere il transito delle anime umane oltre