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della poesia di virgilio | 499 |
matrona che madre, accorata e per le sventure di tutti i suoi cari e per il minacciante pericolo del marito rimastole a far vece di tutti i suoi cari1; in Virgilio all’amara memoria della patria distrutta e degli uccisi parenti aggiungesi la ricurdanza del morto marito più prode di tutti, e del figliuoletto nella orribile rovina caduto2; qui la sposa e vedova, la madre orbata, la regina due volte esule e serva forzata, avvilita; e dice parole di dignità che umana poesia non può trovare di più elette, nè cuore materno di più schiette e più commoventi. Nulla in Omero che valga l’addio d’Evandro a Pallante3, e la ricordanza ch’e’ la della moglie sul cadavere del figliuolo4, e i rimorsi e la confessione di Mezenzio sopra la spoglia di Lauso, suo morto, che della pietà di se come di velo sacro ricopre tutta la vita del padre tiranno 5.
La poesia di Virgilio è tutta un cantico che risuona la pietà degli affetti domestici. Nelle Georgiche, dopo intuonato, felice l’agricoltore se sapesse conoscere i beni della propria condizione, dopo rammentate le armi discordi (e ci ritornerà poi più sotto, accennando alla discordia che nelle ambiziose città rompe la fede tra fratelli e fratelli), commenda la quiete sicura, e la vita che non sa fare inganno, e le bellezze della terra e del cielo; e da ultimo la gioventù paziente del lavoro, usa al poco, le cerimonie degli dei, i padri santi6; cioè a dire e i vecchi venerandi e la memoria religiosamente custodita de’ cari antenati.
L’altezza del senso religioso, Virgilio la fa più sentire negli uomini verso gli Dei che negli Dei verso gli uomini: ma le affezioni umane, in quanto son vincoli di sociale consorzio, vengono agli Dei stessi dall’anima di Virgilio comunicate. Sin nelle ire di Giunone par di sentire, più che l’orgoglio offeso del nume, il dolore della moglie negletta, più la compassione alla donna misera fondatrice della pre-