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rassegna bibliografica 489


Di Paolo Guinigi e delle sue ricchezze. - Discorso di Salvatore Bongi, con documenti. Lucca, Guidotti -Benedini 1871; pag. 123.

La vita pubblica di Paolo Guinigi che tenne per trentanni la signoria di Lucca, è nota per quello che ne scrissero gli storici lucchesi ed i fiorentini; e sebbene molte cose si potessero oggi correggere con la scorta dei documenti, massime per rio che riguarda quel vergognoso trattato di vendere la città per danaro ai Fiorentini, pure non sarebbe fatica bene spesa, per chi guardi la mediocrità dell’uomo, a cui neppure conviene il nome di tiranno che gli danno gli storici; perchè di tiranno non ebbe né l’animo né gli atti, e levato in potenza da una fazione di aderenti, cadde senza onore e senza difesa per clamore’ di popolo, al rompersi di una guerra che egli non seppe né stornare né combattere.

Il Bongi diligentissimo e giudizióso scrittore di cose lucchesi, mette in evidenza questa meschina natura di Paolo Guinigi e senza farsi ripetitore di ciò che da altri fu detto, abbellisce la sua narrazione di tanti curiosi particolari, che il lettore ne rimane più col desiderio che con la sazietà. La vita privata del Guinigi, le sue attinenze di famiglia, la sua passione per i belli arredi, il suo gusto per i codici, sono raccontate con garbo ed illustrate con documenti assai singolari. Più a lungo si discorre delle sue sterminate ricchezze, dichiarandone l’origine e le vicende. fino all’ultima loro dispersione. In casa del Guinigi già ricco era colata gran parte della fortuna di Castruccio Antelminelli, per via della madre di Paolo madonna Filippa di Arbore Serpenti; e Paolo stesso colle ricche doti di quattro mogli che ebbe, e coll’usare a beneplacito le rendite del Comune quando ne fu fatto signore, l’accrebbe senza misura. E questa ricchezza egli spendeva con lautezza di principe, edificando palagi e ville, e procacciandosi gioielli e suppellettili di gran prezzo, presso a poco come facevano i Medici a Firenze. Chi avesse curiosità di conoscere quante cose di pregio si trovarono nel palagio di Paolo Guinigi quando il Comune, rivendicato in libertà, lo condannò