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rassegna bibliografica 433

riferiva. In questa prefazione, il Muratori non mise avanti nissun dubbio sulla autenticità della scrittura, nè sull’essere stesa originalmente in volgare; ed è chiaro che il sommo uomo non ebbe qui nè il tempo nè il proposito di studiare la questione. Si trova bensì, che scrivendo in confidenza all’amico, mostrava non capir bene come avesse potuto fallare nell’ordine degli anni uno scrittore contemporaneo1. Cosi al Benvoglienti scriveva: «Io non m’ostinerei a credere originale il volgare dello Spinelli; ma nè pure ad altri riuscirebbe facile il mostrare il contrario».2 Piccolo uso ne fece però nell’opere sue, e negli Annali lo citò quasi sempre sotto condizione e per notare lo spostamento degli anni che lo mettevano in contradizione con altri cronisti. Ferdinando Galiani, non dubitando della autenticità, si maravigliava come il volgare di Matteo somigliasse non al dialetto di Puglia ma al napolitano, e congetturava che il discorso pugliese fosse nel corso de’ secoli passato a Napoli ed estintosi in Puglia. Il Fontanini nell’Eloquenza Italiana citava lo Spinello come il più antico prosatore in volgare. La stessa opinione, confermata dipoi dal Tiraboschi nella Storia Letteria, passava generalmente, senza altre indagini, come canone convenzionale, ne’ Manuali e ne’ Compendi di letteratura e di storia. Alcuni toscani però ripugnavano; ed il Follini, editore di Ricordano (1816), si faceva a contradire rimessamente, negando la contemporaneità dello scritto del pugliese co’ fatti raccontati; e mettendo innanzi che il Malespini potè esso invece aver cominciato la cronica ne’ suoi anni giovanili, ed essere egli forse, non l’altro, il più antico prosatore. I1 napoletano Gravier avea frattanto riprodotto lo Spinello nella raccolta degli storici napoletani, nulla conservando dell’idioma napoletano, ma tutto mutato in toscano.

Riguardo alla interpretazione storica del libro, o, per dirla più chiara, a spiegare la confusione delle date e de’ tempi, si era rimasti a darne colpa alla sciatterìa de’ copisti, librariorum incuria, come primo aveva parlato il Muratori. Citandosi lo Spinello si faceva con riserbo, allegando, per così dire,

  1. Lettera al Tafuri, in Arch. Stor. Ital. N S. IX. Dispensa 2.a, p. 16.
  2. Lettere inedite ai Toscani di L. A. M. - Firenze, Le Monnier, 1854, pagina 356.