suasi ai miei compagni di deviare per un miglio dalla strada maestra, onde visitare detto monte. Così si fece. Traversando una collina, giungemmo a una piccola città chiamata Arieet, con porta turrita di cui si racconta una storia di Santa Barbara. (Tralascio la storia, la quale trasporta nell’Appennino la leggenda della martire di Nicomedia). Lasciando Arieet, arrivammo a un’altra piccola città detta Norde, nel cui vicinato è situato il monte di Venere, presso il quale si è costruita una rôcca presidiata dal castellano del papa, cui per nostra buona sorte incontrammo a Norde. Gli esposi in latino il nostro desiderio di visitare il monte di Venere, del quale nella patria nostra diconsi tante cose strane. Il castellano si mise a ridere, ma la nostra brigata essendosi fermata, egli in quella sera tenneci buona compagnia. La mattina seguente con esso lui montammo a cavallo, ed arrivammo al monte, perforato di molte grotte somiglianti a quelle di Falkenberg e di Maastricht, donde si sono cavate le pietre servite a costruire il borgo e la rôcca. Entrai col castellano nelle grotte, ma non vidi nulla, quantunque parecchie ne rimanessero ancora accessibili, altre essendo ingombre di terra e di sassi. Accompagnammo poi il castellano a casa sua, dove trovammo cortese ospitalità. Dopo pranzo montati nuovamente a cavallo ascendemmo il monte, il quale ha in cima un laghetto con una cappellina sulla riva. Il castellano ci raccontò, come nei tempi passati, essendo in gran vigore l’arte dei necromanti, essi salissero in quel luogo, evocando sull’altare della cappella gli spiriti maligni. L’acqua del laghetto allora alzavasi, formando una nube la quale scioglievasi in Aero uragano rovinando i contorni. Finalmente gli abitanti del paese non volendo più tollerare queste arti demoniche, ne porsero lagnanze al castellano d’allora, il quale fece alzare le forche tra la cappella e il lago, minacciando di fare impiccare chiunque ardisse darsi ad incantesimi. Ecco