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380 | del monte di venere |
viene espressa nella sopracitata tradizione, simboleggiante l’azione e felice e funesta del poter sovrumano sulle creature. Nel dar corpo alle idee, col trasformarsi in esseri individuali i singoli attributi delle divinità maggiori, vezzo solito del politeismo, andavansi creando tutte quelle divinità secondarie, quasi alle altre inservienti, buone e nocive, spiriti e demoni, le quali spesso in origine altro non sono se non i simboli delle forze elementari della natura. Così avvenne nel presente caso, essendo manifesta l’allegoria la quale serve di fondamento a siffatte credenze del popolo. Le varie località, che inoggi ancora ne conservano le tracce in Germania, nella valle Renana e nella Turingia ossia nell’Ercinia Selva, dimostrano quanto esse fossero radicate nella mente non del solo volgo ma d’ogni classe.
Nè alla Germania esse sono limitate, inquantochè le incontriamo anche in Italia. Qui però giova avvertire a due circostanze tra loro diverse. Mentre da una parte è evidente la connessione col settentrione, dall’altro lato fa valere i suoi diritti la mitologia antica. Il monte di Venere della nordica tradizione s’identifica coll’antro della Sibilla, e ciò è naturalissimo, accennando l’uno e l’altro al mondo sotterraneo. Tale si è il caso di quel luogo, dove sin ad oggi rimasero vive le memorie delle fole medievali, collo strano mescuglio di poetica immaginazione e di quella cupa e tremenda attualità, la quale, piena di superstizione, d’inganni e d’immoralità congiunta con veneficj ed altri delitti, trascinava alla pena del fuoco e dell’acqua, streghe e stregoni, condannando finanche frati e preti alla gabbia e alla perpetua carcere.
La valle della Nera, il cui capoluogo è Norcia, giace a settentrione dell’altopiano Reatino, nell’intera sua lunghezza bagnata dal fiume donde ne deriva il nome 1
- ↑ dizioni locali. Parlando nel cap. xvi del monte di Norcia, cita Enea Silvio o Adriano Romano nel Theatrum Urbium, pag. 198.