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DEL MONTE DI VENERE
ossia
LABIRINTO D’AMORE
Discorso letto alla Società Colombaria fiorentina
il dì 23 maggio 1871.
Antichissimo è in Germania il mito del monte di Venere o di Freia (Venusberg-Frenenberg), mito in vari modi e posti localizzato o trasformato, ma nel, quale, al pari d’altri somiglianti casi, è chiaro il collegarsi delle nozioni del politeismo classico con quelle della germanica mitologia. Il monte di Venere ossia Labirinto d’amore della tradizione rinchiude nelle sue viscere luoghi deliziosissimi, boschi, giardini, prati e laghi, che servono d’abitazione alla Dea della bellezza e alla di lei corte. Ivi si gode di balli e di feste, ivi le figlie d’Eva incontratisi cogli spiriti elementari della terra e dell’aere, coi nani, coi gnomi, cogli elfi, esseri or benigni e graziosi , or invidiosi e malefici. Chiunque entri in detto monte, vi rimane come preso d’incanto del pari che nei giardini d’Armida. A qualcuno riesce escirne, o per la forza del rimorso, o pel desiderio di vita attiva. Altri non ritrovano mai virtù bastante a sottrarsi alla voluttuosa dolcezza di siffatta vita; altri ancora, escitine, non si dimenticano di tale incanto, sicchè fanno ritorno al monte per non più lasciarlo, giocando con quest’abbandono la speranza di beatitudine eterna.