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360 | due carte inedite |
carte, potesse crescere e fiorire il volgare illustre, quasi germe trapiantato in terreno a lui più propizio. Che se vi pose radice, come si afferma, in qual maniera avvenne, domanderanno essi, che le dolci armonie della vergine musa italiana non allettassero i sardi, e non li prendesse vaghezza di ingentilire il loro proprio idioma? Come fu che questo venisse parlato e scritto da loro anche nel secolo successivo a quello avventuroso, che avrebbe veduto nascere Gherardo da Firenze, Aldobrando da Siena, Bruno de Thoro e gli altri poeti minori, nel modo istesso com’era parlato e scritto un secolo innanzi, e sempre se ne valessero nelle continue relazioni che ebbero co’ pisani anche quando presso di questi era già in uso il volgare italiano, e negli atti medesimi che i giudici di Sardegna facevano in Pisa? La nuova lingua, che aveva in sè virtù di divenire la comune lingua d’Italia, fu generata adunque alla Sardegna, come la Venere pagana, dalla schiuma del mare che la circonda, e come questa subitamente si dileguò senza lasciarvi nessuna traccia di se?
Dall’altra parte i difensori della autenticità delle carte d’Arborea non vorranno menar buono al Tobler di avere affermato che il più antico documento in lingua sarda di fede indubitata sono gli statuti di Sassari del 1316, e moveranno più fiera la guerra contro i canoni paleografici del Jaffé. Non è vera, essi diranno, la regola che egli pone in modo assoluto, e senza alcuna distinzione di luoghi nè di tempi, che ogni segno di abbreviatura debba avere costantemente una medesima significazione. Si vede infatti anche in queste due carte sarde indicata con segni diversi la omissione delle medesime lettere, come in oms e oms per omnes (Doc. I, lin 2, 12), in Ianellu, Fràcardu, sut, per Iannellu, Francardu, sunt (Doc. I, lin. 14; II, lin. 27) ec, e i medesimi segni essere usati ad indicare la omissione di lettere diverse, come in am, homs, oms, fre, Fracardu, per amen,