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in lingua sarda 359

ritmo di Deletone e a quella eletta e numerosa schiera di poeti fiorentini, pisani, genovesi, vercellesi, veneti e pavesi che al cominciare del secolo XII avrebbero cantato in rime volgari, indirizzandogli studi per altra via, se non più breve, certamente meno ingrata e più fruttuosa di quella percorsa finora dai contendenti; cioè col ricercare e pubblicare i documenti di certa fede che sono tuttora inediti pe’ nostri archivi, e non senza vergogna nostra dimenticati, da’ quali può venire illustrata la storia d’Italia dal VII al XII secolo. Avvegnaché non potendosi ricusare da alcuno la autorità delle prove che da tali pubblicazioni sarebbero somministrate, sia che tornassero favorevoli ovvero contrarie alla sincerità delle carte che ebbero l’origine in Oristano e il nome da Arborea, si avrebbe certezza non solo di risolvere definitivamente la disputa, ma e di rendere ad un tempo un segnalato servigio agli studi della storia patria.

Con tale intendimento dò alla luce due carte inedite in lingua sarda dei secoli XI e XIII, tratte dall’archivio di Stato di Pisa. Ad agevolare agli studiosi la intelligenza di questi pregevoli documenti mi è sembrato opportuno di darne anche la versione letterale italiana, di cui sono debitore alla cortesia del conte di Vesme. Ho voluto oltrediciò che fossero riprodotti esattamente nella stampa tutti i segni di abbreviatura che hanno gli originali, affinchè della loro pubblicazione possano giovarsi anche coloro, cui piaccia di farne subietto di esame paleografico.

Io non mi so bene, e neppure voglio prendermi la cura di ricercare se la presente pubblicazione sia per tornare più profittevole ai fautori della sincerità delle carte arboreesi, ovvero a coloro che la combattono. Questi senza dubbio ne trarranno nuovo argomento per negare che accanto a quella lingua sarda, la quale nel corso di tre secoli non seppe spogliare la menoma parte della sua nativa durezza, come si vede anco da queste