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e la sua zecca | 255 |
Ella assai più giustamente riconobbe per luigini o pezzi da cinque soldi tornesi, essendo della bontà di soli sette denari, mentre di undici erano quelle che correvano negli stati finitimi, vennero ben tosto bandite, ed Ella ci ricorda gli editti del Duca di Savoja degli anni 1667 e 1669, coi quali mirava appunto a liberare di questa sozza merce il contado di Nizza. E forse collo scopo di cessar definitivamente da questo pericolo il Duca Carlo Emanuele II, nello stesso primo anno in cui era stata aperta in Seborca la zecca, propose al monastero di Lerino di comperare quel piccolo principato, ed i monaci annuivano di buongrado alla proposta, come appare dalla procura da essi fatta il 29 gennaio del 1667 nella persona di D. Meyronnet abate regolare, perchè questi si recasse in Nizza a trattare col rappresentante del duca1. Ma subodorata questa pratica dalla Repubblica di Genova, sorsero vive rimostranze alla Camera Imperiale in Vienna, per il che l’abate rappresentava al Duca, essersi levate ad attraversare l’esito delle trattative serie difficoltà; ne tardava in fatti l’Imperatore a protestare contro questa vendita del principato per esser desso un feudo dell’impero; e sottoscritta dal conte Vitaliano Borromeo veniva notificata all’abate di Lerino questa intimazione: «Con gli ordini di S. M. Imperiale ordiniamo a quel P. abbate superiore e a tutti quei padri come a feudatari di esso luogo dipendente dall’Imperatore, di astenersi da ogni trattato, da ogni alienazione del luogo di Seborca e d’altri dipendenti dall’Imperio, e di revocare ogni trattato
- monast. lerin. prin. sepv.
- ↑ Alliez, Historie etc.
cassinensis, essendoché il monastero di Lerino era stato aggregato nel 1515 alla congregazione dei Benedettini di Montecassino. - Simile affatto a questa si è l’altra moneta d’argento del 1671, illustrata pure dal San Quintino, colla differenza però che la testa del Santo è priva della piccola aureola. La monetina finalmente teste pubblicata dal Promis, e che appartiene all’anno 1668, ripete si può dire quasi la medesima leggenda tanto nel diritto che nel rovescio, poiché in una parte si legge: monast. lerinense. p. sep., e nell’altra