Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
il principato di seborca | 250 |
ora collocata al pian terreno, rischiarato da finestre difese da inferriate, dove rimane tuttora il forno, ed in cui un vecchio ottuagenario ricorda d’aver veduto ancora alcuni arnesi per la coniazione delle monete.
La prima memoria che si ha di questa Comune è dell’anno 954, in cui Guido conte di Ventimiglia lega ai monaci di Lerino castrum de Sepulchro cum mero et libero imperio, cum ejus habitatoribus et territorio; e se un tale documento è riconosciuto senza contestazione apocrifo da ogni cultore di storia, convien però ammettere che altro legittimo, intorno allo stesso tempo e con simile scopo si facesse da un conte omonimo, avendo da una carta del 13 luglio dell’anno 1177, che vertendo lite fra Laugerio abate di Lerino ed i sindaci di Ventimiglia Oberto Intraversato e Ottone Balbo, i quali ultimi pretendevano dagli uomini del castello di Seborca il pagamento delle avarie, Stefano vescovo della città, assistito dai consoli Arnaldo di Porta Alcione, Guglielmo Trentamora, Rinaldo, Amadeo e Guglielmo Lecario, sedendo pro tribunali sulla porta della chiesa cattedrale, sentenziava, che a mente della donazione del conte Guido e dei limiti del territorio da esso fissati, il castello di Seborca col suo territorio doveansi riguardare esclusi dalla giurisdizione della città di Ventimiglia1; e che perciò gli abitatori del castello doveansi ritenere esenti da qualsivoglia sorta di tributo.
Dunque un istrumento del conte Guido esisteva? Dunque la donazione del castello fatta ai monaci non si può rivocare in dubbio? Dunque finalmente al monaco benedettino Giorgio Lascaris dei conti di Ventimiglia, priore del monastero di San Michele di questa città, creduto con buone ragioni autore dell’apocrifo testamento2,