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212 | delle feste e dei giuochi |
non mancarono tuttavia di recare buon frutto, quel tanto cioè che poteva essere nei desiderii d’ogni animo discreto. Il che io asserisco, leggendo nei Cerimoniali come il 18 agosto del predetto anno 1683 fosse nominato Doge Francesco Maria Imperiale-Lercari «con applauso universale di tutti, per la esquisitezza in ogni genere del getto, che di virtù e valore non ha pari», e come il dì stesso venisse quindi assunto al trono e coronato. «Non fu nemmeno in sala per detta fontione fatta Oratione, perchè non si trovò chi si arisicasse per la brevità del tempo. La mattina seguente si continovò la fontione, con andare in San Lorenzo alla messa cantata.... Orò il P. Massimiliano Deza della Madre di Dio1, celebrò monsignore Arcivescovo; e fornita messa si ritornò a Palazzo, donde il Serenissimo haveva fatto preparare un bellissimo banchetto, e furono molti li convitati»2.
Racconta Vittorio Alfieri come essendo nel giugno del 1767 capitato a Genova senza conoscervi altri che il suo banchiere, fu da questi presentato ad un compitissimo cavaliere qual era il signor Carlo Negroni, «che avea passato gran parte della sua vita in Parigi, e che vedendomi cotanto invogliato d’andarvi (così egli prosegue), me ne disse quel vero e schietto, al quale non prestai fede se non se alcuni mesi dopo, tosto che vi fui arrivato. Frattanto quel garbato signore mi introdusse in parecchie case delle primarie; e all’occasione del famoso banchetto che si suol dare dal Doge nuovo3, egli mi servì d’introduttore e compagno. E là fui quasi sul punto d’innamorarmi d’una gentil signora, la quale mi si mostrava bastantemente benigna. Ma per altra parte, smaniando io di correre il mondo e di abbandonar l’Italia,