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dei genovesi | 211 |
Or queste e somiglianti considerazioni e proposte, poichè furono ventilate in Senato, uscì decreto (11 dicembre), per cui veniva «rinnovato l’ordine di non far orationi in occasioni di funtioni publiche, che prima non siano reviste dagli Eccellentissimi di Palazzo....; e volendosi dar alle stampe non possa farsi, solo (se non) di permissione dell’Illustri Inquisitori di Stato»1. E del pari determinava (6 luglio 1674), che nelle preghiere per la messa dell’incoronazione, dovesse la parola Dux costantemente sostituirsi a quella di Rex2.
Quanto poi al moderare le spese della coronazione medesima, il Senato fu più volte concorde nel raccomandare agli eletti la parsimonia, col mezzo di certi decreti fatti in tempo di sede vacante, i quali si dicevano insinuativi, ed erano (come suona la parola) piuttosto consigli che comandi. Alcuni ricordi su tale argomento si trovano scritti del pari alla spicciolata da alcuni fra’ senatori; ed a recarne un esempio, ecco ciò che il 16 agosto 1683 venia riflettendo Agostino Franzone3: «L’incoronatione del Duce Serenissimo starebbe bene levata, perchè invece di (crescere?) decoro, lo diminuisce; o almeno moderarla, come, per esempio, farla il medesimo giorno.... dell’elettione». Ben più radicali economie proponeva però a sua volta Cristoforo Centurione; il quale «mette in consideratione (che) le sei mille lire, che si danno al Serenissimo Duce per la livrea, si potrebbero avanzare, e farla fare dall’Eccellentissima Camera, e che durasse sino che fosse bona»4.
Se gli allegati riflessi non sortirono intero l’effetto, il quale a dirla schietta avrebbe condotto all’eccesso contrario ed era perciò degno di essere egualmente sfuggito,