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nel medio evo | 15 |
un voluminoso processo de’ secoli più colti divenne appena bastevole per far comprendere il punto di questione; e la sentenza altro più non fu, che un oracolo profferito dal tripode della giurisprudenza, che non rende in verun modo ragione del motivo per cui si giudichi.
XXV. Dispendiosissime divennero le liti, eterni i processi e fu appunto per ovviare ad un tanto male, che varie volte si riformarono in Roma gli antichi statuti, e si emanarono da’ sommi pontefici nuovi provvedimenti adattati alle circostanze de’ tempi, ed ai lumi della cresciuta coltura. Sappiamo di fatti, che sin dalla metà del secolo XV, il pontefice Paolo II credette espediente: Almae urbi, eiusque inclito populo nova statuto, condere, et antiqua secundum varietatem temporum, et romanae ecclesiae status exigentiam in melius reformare; similia superflua, et contraria removere, lites abbreviare, partes litigantes ab expensarum oneribus relevare1.
XXVI. Varie altre disposizioni a queste analoghe furono ne’ tempi posteriori emanate, ed in un sol corpo per cura de’ Conservatori raccolte, e pubblicate nel 15222. Nuovi difetti nondimeno col tempo si rilevarono, e con nuovi provvedimenti si cercò di rimediarvi. Infatti Gregorio XIII, di gloriosa memoria, non dubitò di annunziare altamente, che i Romani Statuta urbis, quae sibi a maioribus nostris relicta habebant satis perplexa et confusa invenerunt, in quorum libris ob temporum vetustatem, magistratuum fortasse negligentiam, multiplicesque superiorum aetate editas reformationes, saepe quae adhuc vigebant costitutiones una cum abrogatis et obsoletis, aliaeque aliis contrariae promiscue continebantur. Volendo pertanto i medesimi Romani riparare a sì grandi inconvenienti, nuovi statuti avevano compilato. Esso pontefice li approvò solennemente, e questi sono appunto quelli che presentemente sono in vigore3.
XXVII. Per vero dire però, ottimi furono cotesti rimedi, ma parziali, però insufficienti; e le liti continuarono ad essere quanto lunghe, altrettanto dispendiose; e la stessa