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166 annunzi bibliografici

posto Pecori nella sua Storia), e quante minuto cure si davano per farla meglio prosperare. Però in mezzo a questo diligenze si vedono i pregiudizi economici propri dell’età, e le restrizioni alla individuale libertà per chi era ascritto ad un’arte; restrizioni per verità che dimostrano la imperfetta idea che ebbero i nostri antichi (e lo dice bene il Banchi) della libertà civile.

L’Arte dei Chiavari fece corporazione da so, distinta dalle altre ohe s’esercitano nel lavorare il ferro: e di queste per qualche tempo Siena ne contò ben diciassette dai Fabbri grossi e dagli Armaiuoli fino ai Forbiciari ed ai Manescalchi. Lo Statuto, oltre alle disposizioni comuni, ne contiene alcune che fanno fede della cura che si poneva per contenere chi esercitava quel mestiero dentro i limiti dell’onesto, e per impedire che gli strumenti da loro fabbricati servissero in altrui danno.

L’ultimo, cioè de’ Cuoiai e Calzolai, contiene nell’insieme alcune indicazioni dalle quali si può ricavare il modo di conciare le pelli, industria che era molto innanzi e dava molto profitto alla città.

Il lavoro per parte del Banchi è condotto con quell’amore e con quella diligenza che mette in tutte le sue cose, e più con quella intelligenza della storia della sua città natale di cui hanno avuto non poche prove i lettori dell’Archivio Storico. Nella elegante prefazione ha mostrato la natura e la importanza dei documenti, accertando, come gli era possibile, la data della compilazioue degli Statuti. Dove mancava qualche passo o per imperfezione del codice o per altre ragioni, siccome non ha voluto darci solamente un documento di lingua, ha supplito col testo latino. Le correzioni che in tempi successivi furon portate alli Statuti le fa conoscere in nota.

E in fondo al libro ha messo un copioso spoglio delle voci e maniere più meritevoli d’osservazione colla conveniente spiegazione.

G.


Storia della città e diocesi di Albenga, scritta da Girolamo Rossi; in ottavo di pagine 472, Albenga, tipografia di T. Cariotti, 1870.


Sanno gli eruditi che il cavaliere Girolamo Rossi attende da alcuni anni ad illustrare le città della Liguria occidentale. Delle sue Storie di Ventimiglia e del Pricipato di Monaco fu già parlato nell’Archivio Storico (V. Serie Seconda, T. X, parte I, p. 149-154 e T. XII, par. II, p. 161-164). In seguito egli ha dato in luce la Storia del marchesato di Dolceacqua, la Storia della città di San Remo, e finalmente questa che ora annunziamo. Così colla sua operosità contribuisce a sostituire alle faticose compilazioni d’altri tempi