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sui manoscritti d'arborea | 151 |
«vadit ad Conam Viperae; quae aquae per canales in unum supra dictum congregatae ete.». Non può dirsi che imo scrittore momoderno abbia tratto tale notizia da tradizioni popolari, poiché di queste cisterne e di questi canali era perita ocrni memoria, in tanto, che non valsero a risuscitarla neppure le molte e diligenti ricerche fattesi nel corso di parecchi anni sul modo di fornire Cagliari d’acqua. Nell’aprile dell’anno 18fì6 per cura del municipio, e sotto la direzione del celebre archeologo commendatore Giovanni Spano, si pose mano a sgombrare le rovine dell’antico anfiteatro, che da secoli erano sepolte sotto molti metri di terra e di macerie; l’opera fu compita l’anno seguente. Questo lavoro mise allo scoperto le cisterne menzionate dal cronista arborese, e, ciò che e più notevole, il canale, ossia una grande e bella galleria, o, come con vocabolo più italiano dicono i Senesi, un bottino, che a traverso il monte conduce l’acqua alle cisterne inferiori, appunto nella direzione della Grotta della Vipera1.
17. Di una notizia dataci dapprima, l’anno 1849, dal Ritmo . e poscia confermata da altre Carte d’Arborea, fu dimostrata la verità da una scoperta recentissima. Quei documenti ci avevano fatto cononoscere, che nella penisola ora deserta detta della Frasca rimpetto a Tharros era sia il tempio di Sardopatre; ma indarno, dietro tale indicazione, vi era stato cercato dal La Marmora e da altri: e della notizia si erano fatto beffe coloro, ai quali il dileggio tien luogo di argomenti e di ragione. Ora il giovane geometra Luigi Crespi scoprì le rovine di quell’antico tempio, alle falde dell’altipiano della Frasca, nel sito detto San Giorgio, in faccia a Tharros e a Neapoli; e dai ruderi dell’edifizio rimasti ne ritrasse anche la pianta2.
18. Pur un solo di tali esempii di notizie dimostrate vere da documenti posteriormente scoperti basta non solamente a rimuovere ogni sospetto sulla falsità di un antico manoscritto, ma anche a fare certa fede dell’antichità di un documento che si abbia soltanto in copia recente. È anzi tale e tanta la forza di simile dimostrazione, che se alcuno asserisse avere imaginato del suo alcun racconto e i fatti ivi esposti, una di tali scoperte posteriori basterebbe a convincerlo invece trascrittore o compilatore da memorie antiche e sincere. Così con argomento certo, incontrastabile, si dimostra quello che abbiamo altrove asserito: che la falsità delle carte d’Arborea è impossibile: dunque non è; al che invano monsignor Liverani ri-