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nella Ad Io. Schonerum de libris revolutionum Copernici per quemdam juvenem mathematicae studiosum narratio prima (Danzica, 1540), parla assai di Copernico, e quando questi si risolse alfine a pubblicar l’opera, che da tanti anni correggeva e aumentava, e che già gli ignoranti beffavano fin sul teatro, e i sapienti domandavano a gran voce, Retico soprantese alla stampa di essa in Norimberga.

Ma Copernico non la vide pubblicata, e sul letto di morte, che lo colse il 24 maggio 1545 (non 1543 come dicesi ordinariamente), gliene fu posto in mano il primo esemplare.

S’è scritto anche recentemente che solo la morte lo sottrasse alla persecuzione de’ preti. Ebbene nel Codex Graecus CLI della biblioteca di Monaco, che è l’opera del Senso e del Sensibile di Alessandro Afrodiseo, Gian Alberto Widmànstadt annotò che, trovandosi a Roma nel 1533, in presenza di Clemente VII, di due cardinali e d’altri personaggi, aveva esposto il sistema pitagorico, e dal papa ebbe in dono esso libro. Questo sistema era pure stato preconizzato da Nicola da Cusa, che fu fatto cardinale.

Copernico dunque non annunziava una novità quando asseriva il girare dei pianeti e della terra intorno al sole; coordinava bensì quella dottrina, antichissima nella scuola italiana, e la riduceva a quella scientifica semplicità che è indizio del vero, trovandovi la spiegazione di tutti i fenomeni celesti, anche quelli che più parevano complicati, come il fermarsi e retrocedere di alcuni pianeti e la precessione degli equinozi: e il modo di misurare le distanze dei pianeti dal sole, mediante una gigantesca triangolazione, che ha per base l’asse dell’orbita terrestre. Nella dedica a Paolo III egli tratta d’assurda la credenza nell’immobilità della terra: e «se mai alcuni ciarlieri, digiuni di cognizioni matematiche, pretendessero calunniare il mio libro per qualche passo della Bibbia, stiracchiato al loro proposito, sprezzerò quei vani attacchi: di soggetti matematici si scrive per matematici»; e chiede che il capo della Chiesa lo difenda dai falsi giudizi de’ calunniatori.

Tommaso Cornelio, che nel secolo XVII stampò Problemi fisici dice: Fama est Hieronymum Tallaviam calabrum plurima secum anima agitasse, et nonnulla etiam de hoc syste-