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i porti della maremma senese | 93 |
di Firenze e di Siena tornarono a collegarsi; le quali non avrebbero mai dovuto dinanzi all’ambizione del duca di Milano venire a nimistà: i cittadini esiliati tornarono in patria; molti furono assoluti dalle condanne pronunciate contro loro durante la signoria del Visconti1. A provvedere alle necessità dello Stato, cresciute in quegli anni di governo assoluto e arbitrario, erasi creata poco innanzi (1403) una balìa con autorità larghissime; la quale è opportuno di ricordare, perchè suole ad essa riferirsi il cominciamento della balìa, come ufficio permanente; divenuto in seguito, mercè la scaltrezza di Pandolfo Petrucci, il magistrato più autorevole della repubblica.
Mentre queste cose accadevano, i Fiorentini intenti sempre ad allargare il loro dominio fino al mare, occupato nel 1404 Livorno, e due anni dopo espugnata la città di Pisa, esercitavano il loro commercio marittimo, tuttora fiorentissimo, senza aver duopo di ricorrere a Talamone. Questi successi dei Fiorentini non potevano rallegrare i Senesi, benchè loro confederati; e prevedendo ciò che di fatto avvenne, il prosperare di Livorno e la decadenza di Talamone, senza indugio volsero ogni lor pensiero al miglioramento del porto. E per prima cosa fu giudicato espediente rifare un ponte, al quale potessero scaricare navigli almeno di venticinque braccia; ed a questo acconcime, rimesso negli Esecutori della Gabella, furono assegnati cento fiorini2. Ed imperciocchè onore e utile grandissimo sarebbe venuto alla città se pili abbondantemente fossero condotte e portate mercatanzie al porto di Talamone, furono deputati pochi
- ↑ In questa occasione i Comuni di Firenze e di Siena cancellarono alcune sentenze date per malefizio contro diversi abitanti dei due Stati; e di tal provvisione si ha copia in una pergamena de’ 27 aprile 1404, venuta all’Archivio senese dal Conservatorio del Refugio di Siena.
- ↑ Delib. del Consiglio della Campana de’ 46 ottobre 1405, in Stat. Sen., n. 47, c. 38 t.