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4 | una lettera di carlo v |
«lui propose di scendere ambidue insieme in Italia, e, sciolto il pontificio dominio, di rendersene padroni»[1].
E nei Commentari di Carlo V, pubblicati dal barone di Herwyn de Lettenhove, si legge: «doversi fare delle detenzioni di Sua Santità un rimprovero meno all’Imperatore, che a coloro, che lo avevano costretto ad assoldare per sua difesa tanta gente d’arme, da cui non era stato ben ubbidito»[2].
La presente lettera, indirizzata dall’Imperatore al cardinale Giovanni Salviati, e che si ha tutto il motivo di credere inedita, nulla porge di nuovo. I rimproveri, che si esprimono in essa, consuonano per intero con quanto si è detto di sopra. Nondimeno mi parve non inutile il farla di pubblica ragione e perchè di quelle, che si conoscono, è la prima, che quell’Imperatore dettasse in proposito, e perchè si allunga in maggiori particolari, che non forse le altre.
L’esemplare, da cui io l’ho tolta, non è l’originale, ma una copia. Il cardinale Giovanni Salviati, nipote di Leone X e messo di Clemente VII a Carlo V e a Francesco I di Francia, era legato d’intima amicizia a Giovangiorgio Trissino; a cui fin dal 1519 indirizzava una lettera, pregandolo a trasmettergli una copia corretta della Sofonisba[3]. Assunto al pontificato il cardinale Giuliano de’ Medici, fu anzi il Salviati, che rese partecipe il Trissino del desiderio, che Sua Santità avea di vederlo, e che gliene trasmise un Breve d’invito[4]. Io reputo che a siffatta amicizia debbasi la copia di questa lettera. Il Trissino, dopo la elezione di Clemente VII, non tardò molto a muovere a Roma. Nel 1525 fu anzi inviato dalla Santa Sede alla Repubblica di Venezia a trattare di non so qual negozio. Al momento, in cui si consumava il sacco